EPILOGO

2.2K 145 11
                                    

Mina

Alla fine ero caduta nella loro trappola.

Dopo tutte le fughe e la stanchezza, loro erano riusciti ad accerchiarmi. Ero finita in un magazzino abbandonato, i miei amici mi stavano aspettando fuori nell'auto, ma mi aspettavano anche le tre pistole che mi fissavano dai loro singoli occhi vuoti.

Avevo sempre cercato di scappare in tutti i modi possibili, perché io non ero una combattente, ma soltanto una ragazza che si era trovata nel posto e nel momento sbagliato, ma quella volta non avrei avuto il tempo per prendere in considerazione l'opzione fuga. Fu solo istinto e mi buttai sul ragazzo più giovane, a testa bassa per togliermi dalla traiettoria dei proiettili e...

«Maledizione!» imprecò Tom, facendomi saltare sul divano.

Alzai gli occhi al cielo quando mise in pausa il DVD per la ventesima volta. «Non lo ha notato nessuno, Tom.»

«Non è questo il punto.» Se ne stava con i gomiti appoggiati alle ginocchia e il telecomando in mano come uno scettro. «L'errore c'è e nessuno se n'è accorto prima che fosse troppo tardi. Prima il messicano numero otto cade e perde la pistola, nello stacco successivo è a terra, ma con la pistola ancora in mano.»

«Quanto sai essere pignolo?»

«Usignolo?!» sbraitò nonna, alzando la testa con fare distratto dalla macchina da cucire.

«Pignolo, nonna. Ho detto pignolo.»

«E io che ho detto? Che ore sono?»

«Mancano cinque minuti alle quattro.»

«E così quella sei tu, vero?» domandò per la quinta volta da quando erano partiti i titoli di testa del film. Grazie alla sua perdita di memoria e all'età che la stava facendo diventare dura d'orecchi, io avrei raggiunto la demenza senile per esaurimento prima dei quarant'anni.

«Sì, ma solo quando sono di spalle. Quella che vedi in faccia è l'attrice, io sono soltanto una controfigura.»

«E ti sei fatta male? Oh, oh, oh», disse allarmata, gli occhi spalancati che fissavano il televisore. «Guarda lì come cadi dalla moto!»

«Avevo la tuta, non mi sono fatta un graffio.»

Nonna scosse la testa e ritornò a occuparsi di un paio di miei pantaloni che si erano strappati in mezzo alle gambe. «Come al solito. Non sai quanti spaventi mi hai fatto prendere quando eri bambina. Che ore sono?»

«Le quattro in punto. Si può sapere perché lo chiedi in continuazione?»

Tom non ci ascoltava. Se ne stava con i gomiti sulle ginocchia a fissare lo schermo, mandando avanti e indietro la scena con fare ossessivo.

«Sono solo curiosa», borbottò infastidita.

«Ogni giorno diventa sempre più insopportabile», mormorai all'orecchio di Tom.

Tom le regalò uno sguardo di sfuggita e sorrise. «Sta invecchiando, purtroppo.»

«Non farti sentire da lei, altrimenti te ne dice di tutti i colori.»

La guardai di sfuggita, poi mi soffermai più a lungo. Nell'ultimo anno e mezzo era cambiata molto. Se ne stava curva sulla sua vecchia macchina da cucire, le mani raggrinzite illuminate dal cono di luce della lampada, i capelli ormai non più rossi, il volto non più teso. Tendevo a dimenticare la sua età, e tendevo anche a dimenticare che non sarebbe stata in eterno con me. Da quando Tom era tornato a far parte della mia vita, lei sembrava aver iniziato a imboccare la porta di uscita. A passi lenti, uno dopo l'altro, senza fare troppo rumore. Come a sapere che, ormai, non sarei più stata sola.

OUTSIDERSWhere stories live. Discover now