47. Salto nel vuoto

1.7K 136 5
                                    

 Mina

«Non vorrei essere in quella ragazza», commentai con Frances, l'assistente che seguiva Tom in ogni dove, armata di auricolare, tablet e fogli alla mano. Era la stessa con cui avevo parlato al telefono quando avevo preso la pazza decisione di accettare l'invito e partire per Los Angeles.

La controfigura della protagonista femminile del film, durante una scena di colluttazione con il suo collega che impersonava uno scagnozzo del cartello della droga, si era fatta male. Da giorni lamentava un dolore al tendine d'Achille e il poveraccio alla fine non aveva retto. Ancora non sapevamo se si trattasse di un problema serio da dover operare, ma di certo la ragazza non poteva tornare sul set prima di un paio di settimane di riposo. Tom era disperato e la coordinatrice degli stunt ancora di più. Si aggiravano dentro e fuori il set, uno con la mano sul mento e l'altra con le braccia legate dietro la schiena, alla ricerca di una soluzione all'inconveniente che sarebbe costato parecchio in termini di tempo e denaro.

«Ci mancava solo questa», disse l'assistente con la sua parlantina supersonica. «Il calendario è serrato, non possiamo far slittare gli impegni adesso che siamo alla fine delle riprese, che lo stage è già stato prenotato per i prossimi tre mesi da un'altra produzione e, soprattutto, ora che il signor Dawson si sposa. Dobbiamo assolutamente concludere tutto rispettando i termini.»

Avevo trovato una sedia pieghevole da occupare da due ore a quella parte, studiando con attenzione i movimenti degli stunt, lo stacco tra le riprese e la danza che aveva ingaggiato l'operatore della ripresa mentre gli attori si muovevano nella stanza. Erano riusciti a girare soltanto due ciak prima dell'infortunio, per di più insoddisfacenti a dire del regista.

«Non può prendere il suo posto Sarah? Conosce a memoria tutta la sequenza, dopotutto», suggerii.

Frances sgranò gli occhi. Portava una paio di spessi occhiali da vista e i suoi occhi a palla sembravano ancora più fuori dalle orbite. «Ma l'hai vista?! Sarah è un metro e ottantanove! Anche se nelle inquadrature agli stunt non viene ripreso il viso, si noterebbe lontano un miglio che non è l'attrice», disse indicando quest'ultima con un gesto della mano. Era appena fuori dallo stage, una sigaretta tra le labbra con aria annoiata. Non l'avevo mai vista prima, doveva essere un'emergente che aveva trovato una buona parte dopo aver fatto la comparsa a vuoto per tanti anni. Capelli corti e castani, fisico androgino e non molto alta. Nel guardarla mi venne un'idea. Un po' pazza, ma forse avrei potuto dare una mano per risolvere il loro problema.

Cercai Tom dappertutto e lo trovai davanti al pannello che simulava la facciata del motel. Guardava la finestra che la controfigura avrebbe dovuto rompere con il suo corpo per darsi alla fuga. Parlava al cellulare. «Tom, posso parlarti un attimo?»

Allontanò il telefono dalla bocca. «Scusa, ma ora sono davvero incasinato.»

«Solo un minuto», lo incitai in italiano. «Ho avuto un'idea per risolvere il tuo problema.»

Senza troppa convinzione, disse all'interlocutore che lo avrebbe richiamato a breve. «Sbrigati, per favore. Non hai idea della quantità di persone che devo chiamare per rimandare le riprese di questa scena.»

«Non so se è fattibile con i permessi, ma potrei sostituire io la controfigura dell'attrice. Dovremmo portare la stessa taglia e con una sistemata ai miei capelli potrebbe funzionare.»

«Che stai dicendo? Non conosci la scena, non sai la coreografia dei movimenti.»

«Ho assistito prima agli allenamenti e ti ricordo che non c'è arte marziale che non mi sia venuto in mente di provare dall'età di cinque anni. Se mi dai un paio di ore con Sarah per allenarmi, forse posso farcela.»

OUTSIDERSDonde viven las historias. Descúbrelo ahora