8. Come la bella addormentata

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Mina

Una volta tornati a casa, aver dato la buonanotte alla nonna ed esserci cambiati con il pigiama, io e Tom ci trovammo nel bagno per prepararci ad andare a dormire.

«Puoi uscire? Devo pisciare», disse una volta davanti al water.

«Falla, non ti guardo mica», borbottai con la bocca colma di dentifricio.

«Non piscio mentre ci sei tu qui. Quando la devi fare tu, io esco sempre.»

«Hai paura che ti veda il pisellino?»

Mi lanciò contro il rotolo di carta igienica, accompagnato da un sonoro e deciso vaffanculo. «Io non ce l'ho piccolo.»

Sciacquai la bocca senza smettere di ridacchiare. «Guarda che me lo ricordo quando ti cambiavi il costume dopo aver fatto il bagno in piscina.»

«Avevo sei anni, deficiente. Sono cresciuto in tutti i sensi da allora. Comunque, se te ne vuoi restare lì come una guardona, fai pure.»

Lo sbirciai dal riflesso dello specchio. Tom era di spalle e indossava i pantaloni morbidi del pigiama e una t-shirt di Hulk. Solo in quel momento realizzai che il bambino rotondo e pesante che avevo conosciuto alla scuola dell'infanzia si fosse alzato parecchio in centimetri negli ultimi anni e che, soprattutto, aveva costruito delle spalle larghe e solide. Non era più il fratello asessuato che avevo considerato per tanto tempo, ma era un ragazzo che, nella forma del viso sempre più squadrata e meno infantile, portava già i tratti dell'uomo che sarebbe diventato a breve. Quella sera Tom mi sembrò più attraente del solito... ma diedi la colpa al ciclo. Perché mai vederlo in un modo diverso? Lui era il mio migliore amico, non avrei dovuto fare certi pensieri su di lui.

«Pensi di aver finito di fissarmi, o vuoi venire pure a scrollarmelo?»

Alzai gli occhi al cielo. «Sei schifoso. E non preoccuparti: non ho visto nulla perché eri di spalle.»

Spense la luce e io lo seguii fuori dal bagno. «Credo che questa sia l'unica cosa che invidio in voi uomini.»

«Pisciare da in piedi?»

«Già, sembra comodo.»

«Abbastanza, ma hai dimenticato di aggiungere che noi non abbiamo il ciclo, quindi siamo in un certo senso superiori.»

Lo colpii sul braccio con un pugno prima di infilarci sotto le coperte. «Menomale che lo abbiamo solo noi donne. Ti immagini quanto sareste noiosi voi uomini una volta al mese con i dolori, quando invece chiedete l'estrema unzione se la febbre vi sale fino ai trentotto? E poi, non potete essere superiori se non riuscite nemmeno a controllare quel gerbillo in mezzo alle gambe che vi si alza tutte le mattine.»

Con la coda dell'occhio lo vidi serrare la mascella mentre aggiustava il cuscino contro la testiera del letto. «Non capisco a cosa ti riferisci.»

Gli rubai il telecomando di cui si era appropriato, ma lui se lo riprese e accese la tv. «Mi riferisco alla montagna che spinge in alto le lenzuola mentre dormi. Vorrei ricordarti che stai supino nel letto e si vede tutto.»

Invece di ribattere come mi aspettavo, Tom rise di soddisfazione. «Hai parlato di montagna. Allora sono superdotato.»

«Volevo dire collina... collinetta», mi corressi.

«Fidati che invece è una montagna bella alta. Vuoi vedere?»

«Non ci tengo particolarmente... e no: non ti farò vedere le tette in cambio, quindi non chiedermelo nemmeno.»

Schioccò la lingua sul palato. «Pazienza, ci ho provato.»

Cambiò canale e quando trovammo Titanic in televisione – nemmeno a metà a causa della fastidiosa pubblicità – decidemmo di guardarne una parte. Come sempre, Tom ripeteva in silenzio gran parte dei dialoghi. Conosceva quel film a memoria e mi aveva costretto a vederlo tante di quelle volte insieme a lui che, ormai, sapevo quasi tutte le battute di Rose.

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