37. Amaro ritorno

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Tom

Tre giorni e due notti si erano chiusi. Tre giorni e due notti che non avrei dimenticato.

Con il sole portai Mina a Gardaland, con la luna invece la accompagnavo tra le lenzuola, tra le mie braccia. Le dormivo accanto, la stringevo ogni momento senza preoccuparmi della presenza di Melania nei paraggi. Facevamo l'amore dove più ci piaceva, spingendoci persino in uno dei bagni del parco di divertimenti. Ora dopo ora bruciavo di un'energia nuova, un carburante che non riuscivo a esaurire nemmeno quando entravo dentro di lei, quando mi accoglieva nella sua bocca e quando mi ripeteva di amarmi. Quel calore stava cambiando tutto, dal modo di starle accanto al modo di guardarla. Per una vita intera l'avevo guardata senza mai vederla davvero, mi ero accontentato di un unico modo di starle accanto, quando non immaginavo la meraviglia che si nascondeva giusto dietro le sue labbra.

Quando tornammo a casa, assicurandoci di rispettare l'ora di ritorno della gita di modo da non farci scoprire da Melania o dai professori, furono due persone diverse a varcare la soglia. Ero pronto a tutto. Desideravo parlare con Melania della mia relazione con Mina per mettere fine ai segreti. E, alla fine della scuola, l'avrei portata con me in California. Là avremmo costruito la nostra vita insieme. Per me, ormai era una decisione presa. Mina, invece, sembrava insicura. Mi chiese di aspettare il momento giusto per parlarne con sua nonna, perché non era certa di come avrebbe potuto prendere la notizia.

«So che nonna è un tipo un po' sopra le righe, ma non è più giovanissima. Tu gli piaci ed è contenta di sapere che sei mio amico, ma raccontarle che stiamo insieme è tutta un'altra storia. E se non volesse? E se ci impedisse di vivere o dormire insieme?»

Non sapevo per quanto tempo ancora avrei resistito a mantenere il segreto, ma lo feci per Mina. Voleva essere lei a parlargliene, a tempo debito.

Nella cucina che ci aveva visto crescere, cenammo tutti e tre insieme e Melania ci chiese come fosse andata la gita a Innsbruck, di nuovo nella stessa vita ma in una dimensione diversa. Il solo spazio che divideva le nostre sedie era difficile da tollerare. Avevamo vissuto con la stessa pelle per giorni, e ora mi sembrava distante chilometri e chilometri.

«Missione compiuta», commentò Mina quando chiusi la porta della sua stanza. «Non si è accorta di nulla. Studiare a memoria la pagina di Wikipedia di Innsbruck è servito!»

L'afferrai in fretta per la vita e la sollevai di peso. Le sue gambe sottili ma energiche si agganciarono intorno ai miei fianchi. «Ho voglia di scoparti un po' come si deve.»

«Come sei rude.» Arricciò il naso.

Alzai un sopracciglio. «Preferisci fare l'amore? Da quando sei diventata romantica?»

«Devo ammettere che non fa lo stesso effetto.» Posò le labbra sulle mie, poi le leccò entrambe. Il suo sapore mi rimase sulla pelle. «Ma c'è la nonna di sotto. Non possiamo più farlo ogni volta che ci viene voglia.»

«Come ieri nel corridoio delle nostre stanze», le ricordai.

Ridacchiò e il suo respiro fruttato mi avvolse. Sapeva ancora di yogurt alla fragola. «Per fortuna non è uscito nessuno.»

«Avremmo dato un bello spettacolo, non c'è dubbio.»

Non riuscii ad agguantarle di nuovo le labbra perché si divincolò dalla mia presa. Balzò a terra e lisciò la felpa dell'album Made in Heaven dei Queen. «Direi di sì. Ora dobbiamo andare.»

«Dove?»

«Da Luca, no?» Allargò le braccia. «Ti aveva detto di raccontargli tutto quando saremmo tornati.»

«Già, l'avevo rimosso.» Mi passai la mano tra i capelli. "Cazzo, doveva fare le sue analisi e io non ho nemmeno pensato di chiedergli come sono andate." «Che idiota che sono.»

OUTSIDERSWhere stories live. Discover now