27. La verifica

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Mina

C'è chi si sveglia con "Il mattino" di Grieg come suoneria, chi riceve affettuosi baci dai genitori, e a chi basta annusare il profumo della moka gorgogliante per aprire gli occhi su una nuova giornata.

Ma io non ero nata affatto nella pubblicità del Kinder Colazione più e il mio risvegliò fu molto differente.

«Fucking hell

L'imprecazione improvvisa tuonò nella stanza e, per lo spavento, io rotolai giù dal materasso di Tom. Colpii il parquet di schiena con tanta forza che mi tolse il respiro.

«Terremoto?» farfugliai con la voce ancora impastata di sonno e shock.

Zazzera di capelli castani scompigliati sulla testa e mascella rigida, Tom si stava aggirando per la stanza con una gran fretta, e una gran confusione. «Ritardo», borbottò telegrafico.

Cercò una maglietta non troppo stropicciata nel mucchio che copriva la sedia addossata al muro, la annusò per valutare se potesse indossarla o meno, tolse il pigiama inciampando in una gamba e filò fuori dalla stanza senza nemmeno guardarmi. Due secondi più tardi la sua testa comparve di nuovo. «Che cazzo fai ancora lì?!»

Aggrottai la fronte, ancora sul pavimento e ancora avvolta in quel piccolo alveare di tepore che creava la coperta. «Perché corri?»

«Perché ieri sera abbiamo dimenticato di impostare la sveglia e sono già le otto!»

Corse in bagno, io invece fissai le macchie di umidità sul soffitto senza muovere un muscolo. Era mattino, per di più di lunedì, e non avevo alcuna intenzione di iniziare la settimana correndo per andare a scuola. Ma Tom non sembrava d'accordo. Con la faccia bagnata e lo spazzolino infilato tra le labbra, tornò in camera e mi afferrò dai piedi. «Ormai è tardi, Tom! Facciamo la giustificazione ed entriamo alla seconda ora. Datti una calmata!»

Ma lui continuò a trascinarmi come un sacco della spazzatura fino in corridoio. «Non ci penso nemmeno. Alla prima ora c'è Biologia e la Pozza mi deve interrogare. Se non mi presento oggi, mi toccherà passare alla fine del turno quando ci sarà il triplo da studiare. Quindi, muovi il culo!»

Visto che il suo tono non sembrava ammettere repliche, strisciai verso la camera peggio di una larva e diedi inizio a quel nuovo lunedì con una lunga serie di imprecazioni borbottate tra i denti. Nel bagno, mentre spazzolavo i denti schizzando schiuma dappertutto, cercai di ammansire il porco spino che mi soggiornava sulla testa. Disperata per la situazione e per evitare di somigliare a Goku in versione Super Saiyan di secondo livello, infilai quattro forcine nei punti più indomabili. Riuscii a sciacquare soltanto una volta la bocca dal dentifricio, che Tom già mi trascinava via. Nonna dormiva ancora, non si alzava mai prima delle nove.

«Odio... correre... la... mattina», borbottai mentre galoppavamo spediti verso scuola.

Tom aveva gambe lunghe ma poca resistenza, io invece usavo bene il fiato ma ero costretta a raddoppiare i passi per mantenere la sua andatura. Tenevo il cellulare in mano per leggere i messaggi del nostro amico, ma dovevo guardare dove mettevo i piedi per non rischiare di beccare un palo della luce sul naso, o strisciare su qualche ricordino lasciato da maleducati padroni.

«Non dirlo a me. Cosa dice Luca?» domandò.

«Dice che è già a scuola e ci manda sonoramente a coltivare tulipani sulla superficie del sole perché lo abbiamo lasciato fuori casa ad aspettarci per mezz'ora.»

Con gli zaini che ballonzolavano sulla schiena, percorremmo la strada più breve e arrivammo a scuola a metà della prima ora.

«Sei l'essere più crudele che io abbia mai incontrato in vita mia», sbuffai fuori dalla classe mentre toglievamo i giubbotti.

OUTSIDERSWhere stories live. Discover now