- Bene. Direi che ci siamo!
Le finestre al di là del tavolo da pranzo erano state lasciate socchiuse sul giardino. Era una mattina di primavera: l'aria era tiepida e dalle tende filtrava un gradevole profumo di rose. Il salotto era rischiarato dalla luce diurna proveniente dall'esterno. Pure le pareti sembravano luminose. L'atmosfera era così tranquilla che, vedendola così, si sarebbe quasi potuto pensare che non ci fosse mai stata ombra di sofferenza, in casa nostra.
Sul volto del signor Bressan comparve un cordiale sorriso. Appoggiò la sua tazzina di caffè, ormai vuota, sul tavolino da fumo, accanto alla mia; e da una tasca della sua valigetta tirò fuori un registratore vocale. Si sollevò, si allungò verso di me, e lo appoggiò con delicatezza sul bracciolo del divano.
- Va bene per lei? Possiamo iniziare?
Io alzai le spalle.
- Ottimo. - Premette un piccolo pulsante a lato dell'apparecchio. Sentii un "bip", poi una lucina rossa si accese. Il signor Bressan mi sorrise di nuovo, si risistemò sulla sua poltrona, trasse fuori un taccuino da un'altra tasca della sua valigetta e iniziò a sfogliarne le pagine.
- Dunque, signorina Reale, - e così dicendo alzò di nuovo lo sguardo su me e mi sorrise. Pensai che sorrideva in continuazione e fuori contesto, quell'uomo brizzolato sulla quarantina, camicia, cardigan e pantaloni a coste. - Ho parlato ieri al telefono con la signora Sbrana, la sua avvocata, quindi... Ci siamo accordati sulle domande...
Annuiva con la testa, come se attendesse una qualche sorta di mia approvazione, che però non arrivò.
- Va bene, cominciamo. Presumo che lei non abbia avuto ancora modo di seguire i dibattiti che sono sorti nella comunità online attorno al suo caso.
Io mi limitai a osservarlo con faccia inespressiva.
- Molti suppongono che dietro alla foga con la quale difende il signor Bartolini dalle accuse, possa esserci una forma di dipendenza affettiva, una sorta di sindrome di Stoccolma che la porta a voler rimanere a fianco del suo aguzzino, nonostante ciò che le ha fatto subire. Cosa risponde a queste supposizioni?
Seguì un lungo silenzio. Poi mi sfuggì una risata sorda. Una specie di rantolo.
- Carino. Vi siete addirittura presi la briga di scomodare la sindrome di Stoccolma. Dev'essere difficile ammettere di essere stati ingiusti. La vostra tenacia è istruttiva. - Solo a quel punto gli restituii il sorriso.
Lo sguardo del signor Bressan si indurì, per un attimo. Poi riprese a sorridere imperterrito; anche se a quel punto il suo sorriso aveva qualcosa di forzato. - Signorina Reale, io, in quanto giornalista, sto solo riportando un'opinione diffusa, - mi spiegò, con studiata lentezza, - ciò non implica che la condivida. Non avrei certo menzionato la sindrome di Stoccolma di mia iniziativa.
- Immagino. Comunque, per rispondere alla sua domanda: sì, è vero, lo difendo. Lo faccio perché è innocente. Dovrebbe essere questa, la norma, giusto? - gli chiesi. - Difendere chi è innocente... E condannare chi è colpevole. Dovrebbe.
Il giornalista annuì. - Molto sibillina. Ritiene quindi che non sia stato fatto abbastanza per difendere gli innocenti e condannare i colpevoli, relativamente al suo caso?
- Be', contro i colpevoli del mio rapimento non c'è più nulla che possa essere fatto. Direi che... Ci ha pensato Dio, il Karma, il destino... o qualsiasi altra forma d'ordine o di giustizia superiore... Se solo ritenessi l'esistenza di una roba del genere plausibile o coerente con tutto ciò che ho visto. Tuttavia, mi trovo in una posizione un po' ironica, se mi permette: a quanto ne so, l'unica volta in cui io abbia chiesto aiuto allo Stato sono stata del tutto ignorata e, per contro, chiunque mi sia stato vicino è stato infastidito, per non dire perseguitato, dalla giustizia, dai media... Persino dalla sua testata. Esattamente, quindi, cosa ci si aspetta che risponda? - E trassi fuori dalla tasca della felpa un pacchetto di sigarette. Ne presi una e la misi tra le labbra. - Le dispiace se fumo? - gli chiesi. Ma non attesi la risposta. In fondo, ero in casa mia e potevo fare il cazzo che mi pareva.
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Recursion
Fantasy«Non c'è evento che avvenga una volta soltanto, né cosa che esista senza esser già esistita.» 11 novembre 2011, ore 00:42 Questa la data e questa l'ora a partire dalle quali Chiara - studentessa di 21 anni nella città di Pisa - non subirà mai più al...
