La porta d’ingresso si richiuse con uno schianto e tutto l'appartamento vibrò.
Per reazione, il mio corpo si scosse e mi accartocciai contro il muro. Gli avambracci mi schermarono il viso, come dovessi pararmi da un colpo. Era stato un rumore molto forte. Mi attraversò fugace il pensiero che un rumore così forte avrebbe potuto disturbare gli altri condòmini e, per un breve lasso di tempo, ciò fu per me fonte di imbarazzo e di preoccupazione. Quell’imbarazzo e quella preoccupazione si depositarono in un angolo della mia mente su una pila, mescolate ad altre emozioni che non avevo avuto ancora il tempo di elaborare. Ero concentrata solo sui movimenti che avvenivano al di là della porta.
Lui era ancora là, fermo sul pianerottolo. Poi imboccò le scale. Eccolo sulla quarta rampa. Sulla terza. La seconda. La prima. Non camminava: pestava i gradini piuttosto, con un passo pieno di sdegno, orgoglio, rancore, e forse c’era dell'altro. Ne sentii a tratti le dita sul corrimano, sentii il tintinnio del metallo cavo all'urto di un bottone del suo cappotto. Poi raggiunse il piano terra. Al suono sordo, simile a un breve ronzio, della serratura, seguì lo schiocco metallico dell'apertura del portone. La fila di cardini della cerniera cigolò. Lo immaginai uscire nella piazzola, sotto il cielo notturno, e mollare la presa dalla maniglia alle sue spalle. Il meccanismo si richiuse da sé. L’impatto riecheggiò nella tromba delle scale.
Temetti a quel punto di non poter più seguire ciò che avveniva all’esterno, perciò trattenni il fiato. Avevo la testa appoggiata all’intonaco, le mani chiuse a pugno. Lo scatto della portiera dell’auto giunse flebile dal parcheggio coperto, due piani più in basso. Passarono pochi secondi: accensione del motore. Una manovra, due manovre: l’auto uscì nel piazzale. Il rombo era nitido, oltre il vetro della finestra. Si allontanò verso destra, imboccò la salita, si arrestò: era allo stop. Poi ripartì. Cambio di marcia. Il rombo calò per gradi. Silenzio.
Ripresi a respirare. Era la notte di venerdì 11 novembre dell'anno 2011. So il giorno esatto perché la mattina seguente avrei dovuto presentarmi a un esame. Alle nove in punto ci sarebbe stato l’appello, al primo piano, nell'aula 1. Per quel che riguarda l’ora, era mezzanotte e quarantadue. So l’ora esatta perché di fronte a me, appeso al muro della cucina, c’era un orologio rotondo, analogico, in plastica blu e io, per qualche ragione, lo stavo fissando. Sul quadrante era raffigurata la scimmia Jose, mascotte ufficiale dei Coco Pops, con maglietta e cappello. Mi sorrideva. La scimmia.
Una sedia era riversa a terra, tra me e il tavolino. Era macchiata di sugo perché la pentola, nel rivoltarsi, ne aveva urtato un bracciolo. La pasta si era rovesciata sul pavimento, e lì: il mestolo sporco, le posate, ma soprattutto cocci, sparsi in tutte le direzioni.
Ero stata io a causare quel disastro. Poco prima, nel tentativo di oppormi a una spinta, mi ero aggrappata alla tovaglia e l'avevo trascinata con me. Ora penzolava asimmetrica dal bordo del tavolo, tutta bagnata: la brocca, ancora distesa sul fianco, si era svuotata di tre quarti. Mi soffermai, come ipnotizzata, sul percorso delle gocce d’acqua che, raggiunto il lembo più estremo della stoffa, precipitavano nel vuoto e si infrangevano sulle mattonelle. La pozza sottostante si espandeva, si mescolava al sugo, alla pasta, ai cocci.
Quando uscii dall'estraniamento, ciò che per prima cosa sentii il bisogno di fare fu pulire. “Devo pulire” pensai con un fremito, perché quella visione era inopportuna. Quella pozza, quei cocci, la sedia: tutte cose fuori posto, troppo in contrasto con lo scenario che io avevo creato nella mia fantasia. Tanto per fare degli esempi: nella mia fantasia non avrei avuto motivo di ritrovarmi per terra, rannicchiata vicino al termosifone; non avrei avuto dolori alla schiena, alle braccia, sul viso; non ci sarebbe stata la cena sul pavimento, né del sugo sulle mie scarpe. Pulire equivaleva quindi a nascondere gli elementi discordanti dalla mia immaginazione.
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Recursion
Fantasy«Non c'è evento che avvenga una volta soltanto, né cosa che esista senza esser già esistita.» 11 novembre 2011, ore 00:42 Questa la data e questa l'ora a partire dalle quali Chiara - studentessa di 21 anni nella città di Pisa - non subirà mai più al...
