- Non è tanto alto, no? Si può fare, - disse Alex
Guardai verso la superficie dell'acqua, a circa cinque metri sotto di me.
- Sicuro che sia abbastanza profonda? - gli chiesi.
- Sicuro. L'ho già testata. Sennò, non te l'avrei proposto. - Ridacchiò. - Mica voglio ucciderti.
- Ehm.
Indicò una sporgenza più bassa, alla nostra destra. - Possiamo tuffarci anche da laggiù, se non te la senti. - Era un altro punto della scogliera raggiungibile attraverso il sentiero. - Saranno tre metri, da lì.
- No, - gli risposi, - dammi un minuto. Devo farmi coraggio.
Passò un minuto. Il terreno bruciava sotto la canicola di agosto e sprigionava un odore di erba secca misto a salsedine.
- Mi butto, - deliberai. Lui era rimasto in attesa due passi dietro di me. Mi girai a guardarlo seria. - Però anche tu devi farlo.
- Mi sta bene.
- Lo farai?
- Ehi. Se dico una cosa, la faccio. Quando tu ti butti, mi butto anch'io.
- Promettilo, - dissi tra il serio e il faceto.
- Lo prometto. - Si mise una mano sul cuore. Rise. - Parola di Cavaliere d'Onore.
Risi anch'io. Lui si voltò e, in tutta naturalezza, si sfilò la maglietta e la lanciò su una roccia. Mi attraversano alcuni pensieri in simultanea. Pensai che di certo lui si aspettava che io facessi la stessa cosa, perché la situazione lo richiedeva. Perciò ero in trappola. Pensai che ci volesse molto meno coraggio a buttarsi dalla scogliera.
- Lasciamo qui la roba? - chiesi per prendere tempo.
Si guardò attorno. - Bè, non credo che ce la possano rubare. Ci siamo solo noi. - Alzò le spalle sorridendo.
Non potevo obbiettargli proprio niente. Lui tornò ad affacciarsi dal bordo della scogliera e io mi spostai verso la roccia. Nel tempo che io impiegai a togliermi la maglietta, lui ebbe modo di fare alcuni calcoli per studiare da che distanza prendere la rincorsa. Attese tanto che a un tratto si voltò per controllare che ci fossi ancora. Non era una questione di pudore, comunque. C'erano solo delle cose che facevo una gran fatica a fare, anche se avrebbero dovuto erano normali. E questa era una.
Se ne stava in piedi a cinque passi dal bordo, con lo sguardo in avanti. Quando mi misi accanto a lui, si girò verso di me e mi guardò negli occhi, sorridendomi. Anch'io lo guardai.
- Preferisco tenerli, - mi giustificai. Mi ero rimessa la maglietta.
- Va bene. - Le sue ciglia si imbiondivano, alla luce del sole. Distolse lo sguardo dal mio viso e, d'un tratto, lo posò su un punto del mio braccio, a metà tra il gomito e la spalla. Corrugò la fronte: pareva serio. Un tempo, lì c'era stato il segno di un'ustione, ma lui non poteva saperlo. La sfiorò, nonostante questo, con il dorso dell'indice. La brezza marina ci avvolgeva. Poi rialzò lo sguardo, come se nulla fosse.
- Pronta? - mi chiese.
Annuii. Mi voltai verso il mare e feci un respiro profondo. Mi misi in posizione per prendere la rincorsa e dissi: - Vado.
Poi corsi. Una, due, tre falcate. Poi il vuoto. "Morte: esercitazioni", pensai. Non ebbi tempo di pensare a nient'altro. Dopo il tonfo, le acque gelide mi inglobarono e sprofondai. Per i primi istanti, mi parve impossibile ritornare in superficie: il mare era troppo forte. Ma fu il mare stesso a invertire la spinta. Nuotai verso l'alto e riemersi nel mondo. - Sono viva! - gridai. Poi mi girai attorno, senza trovarlo. Temetti che fosse ancora sulla scogliera. Poi riemerse anche lui. Era a pochi metri. Scoppiai a ridere.
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Recursion
Fantasy«Non c'è evento che avvenga una volta soltanto, né cosa che esista senza esser già esistita.» 11 novembre 2011, ore 00:42 Questa la data e questa l'ora a partire dalle quali Chiara - studentessa di 21 anni nella città di Pisa - non subirà mai più al...
