Dopo aver avuto la pelle accaldata e fradicia di sudore, il tocco leggero di alcune gocce di pioggia sulla nuca mi stranì. Fu come guarire da una lunga febbre.
Tenevo ancora le palpebre serrate, il mento chinato sull'incavo del collo. Mi aspettavo il frastuono del presidio, come la prima volta; e poi c'era il grido di Venafsaj che ancora mi tuonava nella testa, come il suono prodotto da un incubo dal quale vieni strappato via all'improvviso. Poi, a poco a poco, mi resi conto del silenzio. Attorno a me non c'era alcun rumore, eccetto quello del vento.
Quando aprii gli occhi, vidi solo la parte inferiore del mio corpo, in piedi sulla terra compatta costellata da qualche rado ciuffo d'erba ingiallito. Tra le dita tenevo ancora stretti il sasso, da una parte, e la torcia elettrica, ormai non più funzionante, dall'altra. E quando alzai lo sguardo, trovai un sentiero di fronte a me, che discendeva il colle per mezzo miglio per poi biforcarsi e, infine, sparire in una foresta lontana. Le chiome scure, da lassù, parevano fondersi, lungo la linea dell'orizzonte, col cielo plumbeo.
Fu disorientante. La benda non mi era mai stata rimossa dal volto neanche per un attimo, quella notte di tre anni prima. Però ricordavo la moltitudine di voci che si accavallavano le une sulle altre, in quella lingua al tempo indecifrabile. E le informazioni che avevo avuto da Venorassen sulla sorveglianza di tutti i duhhren conosciuti dal governo di Qolm non facevano che confermare ciò che avevo già percepito: lì doveva esserci un presidio. Per forza.
Mi assalì dunque il dubbio, per un attimo, di essere finito altrove. Cosa ne sapevo, del resto, di come funzionavano i portali?
Poi i miei occhi si abituarono al buio e la forma della ruota di un carro abbandonata tra l'erba emerse dallo sfondo indistinto della notte. Seguirono delle travi spaccate, una sella sfasciata, i resti carbonizzati di alcuni fuochi da campo circondati da pietre. Sì: lì c'era stato un presidio. Ma in quel momento non c'era nessuno.
A qualche chilometro di distanza, alla mia destra, vidi una grande estensione di fiamme - o così mi parve. Che cos'era? Un incendio...? Una battaglia...?
Che i soldati si fossero allontanati dal presidio per questo...?
Ebbi appena il tempo di prendere coscienza di quell'inaspettata concessione della sorte quando, alle mie spalle, sentii un rumore: un tonfo sordo, come di un corpo che si lascia cadere al suolo esanime. Senza neanche accorgermene, avevo già portato la mano sul coltello.
Mi voltai. Per qualche istante non vidi nulla tra me e la parete del monte. Le gocce di pioggia si fecero più fitte, più pesanti. Poi guardai meglio. Laggiù, a oltre dieci metri da me, c'era un uomo steso a terra, avvolto nel buio. Ed era vivo: perché ogni fibra del suo corpo era scossa da un tremito violento, innaturale.
Furono attimi di puro panico. Poi un lampo illuminò l'aria.
- ALEX!
Seguì il rombo del tuono, che sovrastò la mia voce. Stavo già correndo, la torcia gettata tra l'erba; e dopo poche falcate ero in ginocchio, solo per guardarlo con gli occhi sbarrati.
Stava avendo una crisi epilettica.
Mi sentii impotente, perché non avevo idea di che cosa fare; e poi arrabbiato, perché mi aveva seguito, porca puttana! Nonostante gli avessi detto di non farlo! Perché?! E poi colpevole, perché era solo a causa mia se l'aveva fatto: gli avevo dato tutti i motivi per seguirmi, e nessuna spiegazione sul perché non farlo. Poi di nuovo impotente, perché quella crisi non passava, e io continuavo a guardarlo con gli occhi sbarrati, e arrabbiato - ma con me stesso, stavolta - perché si riconfermava la mia incapacità di arrecargli del bene, anziché trascinarlo soltanto nella mia merda... E in colpa, perché ogni scossa del suo corpo era uno schiaffo in pieno volto e ogni secondo che passava un'accusa da cui non potevo difendermi. Temetti di averlo danneggiato per sempre; e tutte quelle emozioni sfociarono in un'unica, gigantesca disperazione.
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Recursion
Fantasy«Non c'è evento che avvenga una volta soltanto, né cosa che esista senza esser già esistita.» 11 novembre 2011, ore 00:42 Questa la data e questa l'ora a partire dalle quali Chiara - studentessa di 21 anni nella città di Pisa - non subirà mai più al...
