- Tavis, ay Tavis!
- Shnu, shaksey?
Il Demiurgo, con il mantello scuro appoggiato con grazia sull'avambraccio destro, richiamò l'attenzione del giovane apprendista, il quale abbandonò in un istante le sue occupazioni e gli si portò davanti.
L'uomo estrasse due buste di sale belle rigonfie dal borsello di cuoio attaccato alla sua cintura. Con delicatezza, le mise tra le mani del ragazzo.
- Ho delle commissioni per te. Innanzi tutto, raggiungi l'abitazione di Lorrina. Avvisala che la loro ospite rimarrà da noi per cena. Poi, recati alla locanda e fatti dare una bottiglia del loro miglior liquore. Fai sapere che sono io che ti mando. Non badare a spese. Poi... Larrum va ancora a caccia? - chiese, alzando la testa.
- Sì sì, - rispose il dottor Iasrin. Se ne stava di spalle davanti al ripiano della cucina, con un grembiule addosso, intento a tagliare delle verdure.
- Bene. Allora fatti dare della cacciagione. Se non ne ha, uhm... - Si portò due dita attorno al mento levigato. - Se non ne ha, prova a bussare alla porta di Semiul. Domandagli se è così gentile da farci avere una di quelle sue speciali torte friabili... Anzi, - e tirò fuori un'altra bustina di sale, - prendi entrambe le cose.
- Subito, signore. - In fretta e furia, il ragazzo scattò verso l'appendiabiti accanto alla porta d'ingresso. S'imbacuccò, con gesti tesi e goffi, prima di correre fuori. La porta sbatté alle sue spalle facendo vibrare anche il muro al quale ero appoggiata. - Scusate! - gridò.
- Oh, Venorassen. - La voce sconsolata del dottore, un lieve tono di rimprovero. - Ho visto cosa hai fatto.
- Cosa?
- Gli hai dato molto di più del necessario...
Sul volto del Demiurgo comparve un benevolo sorriso. - Amico mio, sai bene che a Qolm non ho alcuna difficoltà a reperire del sale. È qui che ce n'è bisogno.
- Hmmm. - Il dottore incassò la risposta. Poi si voltò: alle sue spalle, ritto in piedi su un piccolo sgabello, il bambino dagli occhi scuri che, ormai mesi prima, era stato vittima del cannibale, annaffiava una a una le piantine che strabordavano da alcuni vasetti di terracotta, appoggiati al bordo di una finestra. Il dottore gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla. - Lascia, Basil, lascia. Faccio io, - e si fece consegnare la caraffina di latta che teneva in mano. - Piuttosto, occupati di apparecchiare la tavola, vuoi? Siamo... - Sollevò la fronte e posò lo sguardo, in successione, su tutti noi. - In cinque, giusto? Voi avete finito con la sala, vero?
- Certo, - gli rispose il Demiurgo che, intanto, si stava risistemando il mantello sulle spalle. - E ora, se non hai nulla in contrario, usciamo per una piccola passeggiata serale. Torneremo in tempo per la cena. - E fece un cenno a me.
Mi discostai dal muro. Dopo una serie di ringraziamenti e saluti, ci ritrovammo fuori, io e l'uomo, avvolti nella frescura della notte.
La radura, a quell'ora, pareva deserta, tranne che per il lieve acciottolio di stoviglie che proveniva dall'interno delle case, per le risate attutite dai muri e le fioche luci delle lanterne che vibravano al di là delle finestre. Il lontananza, solo bramiti e ululati d'animale, oltre all'intenso frinire degli insetti del bosco.
Dopo qualche passo di fronte a me, Venorassen s'arrestò quasi al centro della piazzola, tra la capanna di Iasrin e la fucina, ormai chiusa, che stava a qualche metro di distanza. - Guarda, Chiara. - Indicò il cielo.
Le due lune risplendevano alte sopra di noi. La bianca, al novilunio, svettava oltre le cime delle montagne innevate, verso Sud. La blu, calante all'ultimo quarto, pareva essersi fissata al centro esatto della volta. Mi fermai accanto a lui, ancora con le dita serrate attorno alla bustina, e al nome ricamato. "Alex".
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Recursion
Fantasía«Non c'è evento che avvenga una volta soltanto, né cosa che esista senza esser già esistita.» 11 novembre 2011, ore 00:42 Questa la data e questa l'ora a partire dalle quali Chiara - studentessa di 21 anni nella città di Pisa - non subirà mai più al...
