Da adesso in poi segui solo le mie istruzioni. Non perdiamo tempo: nella vecchia stanza di Erika e Gioele sono rimasti due scatoloni appoggiati sopra al cassettone.
Li visualizzai nella mente. “Sì.”
Vai a prenderli.
Mi distaccai, meccanica, dal termosifone, scavalcai la sporcizia e raggiunsi la porta. Superato lo stipite, Software riprese: Alla tua destra, poco più avanti, c’è lo specchio. Non guardare nello specchio.
“Perché non devo guardare nello specchio?”
Non farlo e basta. Non farlo mai.
Attraversai il corridoio, il viso schermato con la mano destra. “D’accordo.” Passai oltre lo specchio e giunsi di fronte alla stanza dei miei ex-coinquilini. Spinsi la porta, gettai uno sguardo all’interno: era spoglia. Nessuno l’abitava da quasi sei mesi.
Eccoli, là sopra.
Mi avvicinai al cassettone. Trassi a me gli scatoloni e una polaroid piena di polvere scivolò sul pavimento. Intravidi l’immagine di Erika e Gioele abbracciati, con una ruota panoramica a fare da sfondo, durante una sera d’estate.
Portali nella tua camera.
Lasciai la polaroid a terra; mi voltai e tornai in corridoio.
Non guardare nello specchio, ripeté Software.
“Non ci guardo.” Tenevo il capo chinato. Raggiunsi la mia camera e mi fermai sulla soglia. Accesi la luce: davanti a me si palesò l’immagine di un luogo al contempo sicuro e brutale. Uno dei due modi di vederlo, capii, era frutto della mia fantasia. Dovetti sforzarmi di emergere dallo scenario, di nuovo.
Bene. Apri l’armadio. Decidi in fretta e metti nello scatolone.
Sospirai. Superai i due letti a una piazza uniti in uno. Giunsi all’armadio, depositai gli scatoloni a terra e ne spalancai le ante. Le mie pupille passarono in rassegna ogni capo del guardaroba. “Impermeabile: mi serve. Felpa con il saluto vulcaniano: mi serve.” Li sfilai dalle grucce. Poi: “Tre maglioni di lana. Quattro magliette di cotone. Pigiama. Pantaloni. Lascio il resto”. Tutto finì nello scatolone più piccolo.
Ora il cassetto in basso.
Mi accovacciai sul pavimento e ne tirai i pomelli. Era pieno di biancheria. Ne raccolsi buona parte, ma alcuni di quei capi mi erano stati regalati da lui. Quelli, li lasciai lì. Gli altri, li infilai in un sacchetto di plastica che stava avvoltolato nell’angolo a destra. Poi, all’improvviso, mi bloccai. “E se torna prima che abbia finito?” Era il panico che cercava di entrare.
Tienilo fuori.
Annodai il sacchetto. Scatolone.
Hai terminato, qui. Ora vai alla scrivania. Seleziona l’essenziale.
Richiusi ante e cassetto; mi girai e mossi dei passi in direzione del tavolo. Scelsi il quaderno con gli appunti per l’esame, i tre saggi del programma, la cartellina di plastica con dentro gli articoli per la tesi, una chiavetta USB. La maggior parte del mio materiale di studio rimase lì dov’era. Il resto fu gettato nel secondo scatolone.
Adesso, lo scaffale dei libri.
Lo guardai. “Non posso prenderli tutti.”
No, infatti, mi rispose. Prendi i testi universitari che ti possono ancora servire. Lascia quelli superflui. Lascia tutti i romanzi.
Trascinai con me il secondo scatolone e feci come diceva. Dopo averlo riempito con una decina di volumi, diedi le spalle alla libreria. Poi, titubai: mi voltai di nuovo ed estrassi Michael Ende, La storia infinita, dalla sfilza di costine. “Devo finirlo” mi giustificai. Lo posai nello scatolone, sopra il resto.
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Recursion
Fantasy«Non c'è evento che avvenga una volta soltanto, né cosa che esista senza esser già esistita.» 11 novembre 2011, ore 00:42 Questa la data e questa l'ora a partire dalle quali Chiara - studentessa di 21 anni nella città di Pisa - non subirà mai più al...
