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Nella sua testa l'unica cosa presente era il suo volto. Nonostante fosse la prima volta che lo vedeva. Nonostante l'avesse visto per pochi minuti. La sua mente era fissa su quell'unico pensiero. Quando tornò a casa, facendosi una doccia velocemente prima di andare a lavoro. Quando tentava di stare attento a ciò che un cliente gli stava dicendo, fallendo miseramente. Quando la pioggia cadeva inesorabile sui suoi vestiti perché aveva dimenticato il suo ombrello e non voleva sprecare soldi su un altro. Quando era tornato a casa e si era rintanato in camera sua. Quando quella notte i suoi occhi rimasero spalancati a fissare il soffitto.

Non riusciva a toglierselo dalla testa. Era stata un'azione pensata, quando lo aveva chiamato ripetutamente, ma non si era nemmeno reso conto di quante volte lo avesse chiamato effettivamente. Non era da lui essere così appiccicoso, così insistente. Ma non poteva fare a meno di esserlo.

Si girò dall'altro lato del letto, sospirando.

Jisung. Jisung Jisung Jisung.

–Ha un bel nome..– sussurrò, lasciando ricadere un braccio al di fuori del letto, sporgendosi finché non riuscì a toccare il pavimento con le dita della mano.

Dopo vari minuti passati a respirare lentamente, tentando di rallentare il suo battito, riuscì ad addormentarsi. Era tutto così irreale quando apparve anche nei suoi sogni. Il suo volto non era chiaro, perché non poteva ricordarsi facilmente delle sue caratteristiche dopo averlo visto per così poco tempo, ma era certo che fosse lui. Nessuno lo avrebbe sentito pronunciare il suo nome nel sonno, Minho era l'unica persona che si sarebbe svegliata il giorno dopo tenendosi la testa tra le mani, chiedendosi che cosa gli stesse succedendo, incapace di dare una risposta alla sua domanda.


–Questa volta non andartene così, okay?– gli chiese Chan, parlandogli al telefono mentre si preparava a ricevere a casa sua sette amici.

–Sono io che ti ho chiesto di organizzare qualcosa di nuovo, perché dovrei?– rispose Jisung.

Chan sospirò. –Non mi fido granché di te, ad essere sincero. Combini sempre guai.

–Beh, alla fin fine, anche se me ne vado..non è che finisce il mondo.

–Visto? Già inizi a parlare dei "e se..". Ah, lasciamo stare. Ci vediamo dopo. Non ritardare, per favore.

–Chan. Non ti preoccupare. Stavolta sarò responsabile.

Chiuse la chiamata, guardando lo schermo del cellulare con un senso di colpa che si faceva strada dentro di lui. Il suo amico era sempre così paziente con lui, nonostante Jisung finisse sempre per combinare guai a destra e a manca. Non lo faceva apposta, a dire il vero, ma non gli piaceva deludere le persone intorno a sé.

–Mi dai un passaggio, allora?– gli chiese Changbin, affacciandosi alla porta della sua camera.

Jisung annuì silenzioso, afferrando le sue chiavi dal comodino e dando un'ultima occhiata alla sua stanza – come se potesse accorgersi di qualcosa fuori posto anche se quel luogo era un caos assurdo – prima di alzarsi e uscire dall'appartamento con il suo coinquilino, per poi dirigersi in auto verso la casa di Chan.

hypnotic. | minsungWhere stories live. Discover now