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Passarono alcuni giorni. Chan parlò con Jisung delle altre volte, dicendogli che forse aveva trovato un amico che gli avrebbe offerto un posto di lavoro in un ristorante, come cameriere. L'idea non entusiasmava Jisung, che non era affatto il migliore ad interagire con sconosciuti e soprattutto ad essere veloce ed organizzato, ma pensò che se avesse continuato ad evitare qualunque opportunità, non sarebbe mai riuscito ad uscire dalla sua bolla e migliorare come una persona.

–Gli parlerò un giorno di questi, allora.– disse Chan, sorridendo all'amico.

Jisung era nervoso. Era estremamente nervoso. Non sapeva come sarebbe andata, come sarebbe stato avere quel lavoro.

Quando il primo giorno arrivò, una volta dopo essere stato a quel colloquio di cui non avrebbe più voluto parlare a nessuno, e in cui aveva finto di avere 10 qualità che non aveva, solo per sembrare qualcuno di adatto a quel lavoro, si preparò il meglio che potè e uscì di casa con le gambe che quasi gli tremavano.

Quel giorno non fu proprio il migliore dei suoi giorni. Persone continuavano ad urlargli contro su come fosse lento o su come avesse fatto questa cosa piuttosto che quest'altra, o su come non capivano perché fosse stato assunto. Persone, troppe persone. I suoi colleghi sembravano più odiarlo che dargli il benvenuto, e ciò non aiutava la situazione. Erano tutti così stressati ed evidentemente infelici di avere quel lavoro.

Alla fine del suo turno aveva voglia di piangere. Si barricò in bagno e ci rimase per dieci minuti buoni prima di decidersi a salutare chi era rimasto e tornarsene a casa. Il suo turno era anche uno dei più corti, perché quel lavoro non gli serviva particolarmente per i soldi ma più per l'esperienza, eppure si sentiva più stanco di quanto lo era mai stato in vita sua.

Aprì la portiera della sua auto, sedendosi al solito posto e sospirando mentre metteva in moto, allacciandosi poi la cintura e cercando di lasciarsi alle spalle tutto quello che era successo durante le scorse ore.

I suoi passi erano pesanti, aveva in mente solo di chiamare veloce Minho per controllare come stesse e poi guardare qualcosa al pc prima di andare a dormire, nonostante fossero le otto di sera. Non aveva nemmeno fatto cena, ma a quel punto non gli importava più di tanto.

Ma quando aprì la porta del suo appartamento, trovò qualcuno che non si era aspettato di trovare seduto sul loro divano.

–Minho? Che ci fai qui?

Saltò su dal divano, correndo ad abbracciarlo. –Com'è andata?

Jisung fece una risatina nervosa. –Eh.– disse, incapace di descrivere con delle parole ciò che stava provando in quel momento. –Come mai sei qui?– gli chiese di nuovo, staccandosi dall'abbraccio.

–Vieni con me.– disse Minho, prendendo la sua mano e camminando fuori dall'appartamento con lui. Jisung era stanco, ma era anche interessato su quali intenzioni avesse il suo ragazzo, quindi lo seguì in silenzio. Salirono le scale del suo palazzo, andando ancora più in alto, ancora qualche rampa di scale, finché non si trovarono davanti all'uscita che portava sul tetto.

–Mhm? Perché...?– chiese Jisung, confuso.

Minho sorrise, aprendo poi la porta e mostrandogli ciò che vi era dietro.

Tutti i suoi amici erano lì, parlandosi a vicenda mentre Changbin stava grigliando della carne. Jeongin stava urlando qualcosa che non aveva nemmeno voglia di tentare di comprendere, mentre Chan stava mettendo a posto un tavolino di legno che era sempre stato su quel tetto. Una volta ci passavano molto più tempo, finché non si stancarono completamente di salirci. In teoria, non era neppure legale salirci, ma a nessuno sembrava importare.

hypnotic. | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora