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I giorni passavano più veloci per Jisung ora che aveva una qualche occupazione durante la sua giornata, ma nonostante fossero ormai passate un paio di settimane dal suo primo giorno, continuava ad odiare il suo lavoro come aveva sempre fatto.

Odiava oltrepassare la soglia d'ingresso della porta sul retro del ristorante, odiava indossare quella stupida divisa, odiava ritrovarsi in bagno alla fine dei suoi turni perché non riusciva a sopportare tutta quella confusione. Ma in un qualche modo, lo faceva sentire bene al tempo stesso.

Lo faceva sentire come se stesse effettivamente facendo qualcosa di produttivo con il suo tempo, e i soldi che avrebbe ricevuto alla fine del mese sarebbero stati la prova del fatto che quelle ore passate lì dentro non erano state buttate al vento. Anche se non gli importava dei soldi, inizialmente, ora che aveva una certa esperienza non riusciva a comprendere il motivo per cui Minho continuasse a lavorare se la paga non era il suo obiettivo principale. Glie l'aveva detto mentre chiacchieravano una delle varie volte, ma Jisung ancora non riusciva a capirlo. Era sempre così stanco, esausto, e voleva solo tornare a casa. Ogni volta.

–Tavolo 7.

Jisung alzò gli occhi al soffitto, sospirando, e dirigendosi verso il tavolo, prendendo in fretta l'ordine e tornando indietro per riferirlo.

–Jisung! Devo parlarti di qualcosa.

La voce di un suo superiore gli fece venire i brividi. Si iniziò a chiedere che cosa avesse fatto di male, quale errore avesse compiuto per essere addirittura chiamato durante il suo turno. Di solito non succedeva mai. Di solito attendevano che finisse di lavorare per riferirgli tutte le cose su cui avrebbe dovuto impegnarsi di più il giorno successivo.

Lasciò la sala, procedendo per un breve corridoio e aprendo la porta con la scritta "staff" su un'etichetta incollata sul legno, dopo aver bussato e ricevuto il permesso.

–Su, su, veloce!– disse l'uomo, invitandolo a chiudere la porta e ad avvicinarsi.

–Ho..ho fatto qualcosa di sbagliato?

L'uomo rise. –No, niente del genere.– disse, tirando fuori una busta dalla sua tasca. –Volevo solo farti i complimenti. Non ho mai avuto un cameriere così veloce ad imparare il modo migliore di fare le cose. Sarai molto stanco a correre di qua e di là.

Lo stava..complimentando?

L'uomo gli porse la busta di carta. –Un piccolo anticipo. Non lo dire agli altri o saranno gelosi di te e non ti lasceranno più in pace.– disse, ridacchiando.

–Lo sta facendo solo perché sono un amico di Chan?– chiese Jisung, un po' incerto di quella domanda.

L'uomo rise ancora di più. –No, dico sul serio!– disse, dandogli una pacca. –Ora torna a lavorare, su! Veloce, come sai fare tu!

Quel giorno se ne tornò a casa un po' più contento del solito, chiamando anche Chan a casa sua per raccontargli quello che era successo e mostrandogli i soldi che aveva guadagnato.

–Non ho mai visto una persona ricca essere così felice di aver guadagnato così pochi soldi.– disse Chan, comunque sorridendo perché gli piaceva vedere il suo amico in quello stato, dopo tutti quei giorni passati a piangere e a lamentarsi del suo lavoro.

–No, tu non capisci! Bro, mi ha fatto i complimenti. Mi ha praticamente detto che sono il migliore là dentro. Vedi, lo dicevo io di essere il migliore.

–Magari lo dice a tutti solo per farvi sentire un po' meglio e farvi lavorare ancora di più.–mormorò Changbin, scappando dal soggiorno quando Jisung minacciò di colpirlo con un cuscino del divano.

hypnotic. | minsungDonde viven las historias. Descúbrelo ahora