II.

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Il rumore della macchinetta del caffè mi era mancato più di quanto avessi potuto immaginare, come ogni piccola cosa che aveva caratterizzato le mie giornate da quando ne avevo memoria. Anche se mi ricordava i momenti in cui era lui a prepararmi il caffè e questo mi faceva sentire una piccola fitta al cuore, non riuscivo a non godere di quella piccolezza che mi era mancata in quei quattro anni. Con la meravigliosa sensazione di calore addosso data dal mio maglione mi avvicinai al morbido divano per stendermi su di esso e rilassarmi, ma un lieve bussare, dei piccoli colpetti alla porta, mi fecero tornare in piedi. 

Aprii la porta di scatto e la persona che mi trovai di fronte sgranò gli occhi. «Arya?».

«Guarda un po' chi si rivede». Sorrisi allegra e lo lasciai passare.

Si fermò al centro del soggiorno e il suo sguardo si addolcì. «Sei tornata».

«Siamo tornati». Calcai la frase con un tono deciso e mi buttai fra le sue braccia, stringendolo alla base della vita con un amorevole stretta ferrea. 

Mi strinse ancora più forte, per quanto possibile, e la sua mano iniziò ad accarezzarmi la schiena in un gesto di conforto silenzioso, con affetto indiretto, celato nelle sue carezze. «L'invincibile Arya che poi aveva solo bisogno di essere protetta». La sua voce rauca mi mandò in lacrime.

Sbattei le palpebre per scacciarle, odiando la nuova versione emotiva di me, e ridacchiai. «Il guerriero valorissimo della guerra di Troia che ha messo l'amicizia sopra al suo dovere e ha rischiato di avere la testa tranciata dal Dio degli inferi». 

Sbuffò divertito e mi lasciò un tenero bacio sui capelli. «La tua spiccata ironia mi era mancata». 

«Non sei l'unico». Cantilenai, mentre il rumore di passi pesanti sulla scala di legno ci portava a girarci verso di essa per osservare un Erazm assonnato: capelli bianchi che sparavano in tutte le direzioni, gli occhi semichiusi e la bocca spalancata in uno sbadiglio. 

Mi dedicò un sorriso, il massimo che poteva fare, e poi si voltò lentamente verso la persona accanto al mio corpo. Secondo per secondo la sua faccia si tramutò in pura sorpresa mentre la sua bocca si spalancava e gli occhi iniziavano a percorrere il suo corpo. «Med?». Gracchiò.

Lui assunse un sorrisetto e allargò le braccia in un invito indiretto a buttarsi tra di esse. «Dai, non sono cambiato così tanto». Fece solo in tempo a finire la frase, prima che Erazm lo travolgesse con forza in un abbraccio pieno di amore e desiderio. 

Indietreggiai lentamente fino a sparire in cucina, così da lasciare ad entrambi un po' di tempo per stare da soli dopo tutti quegli anni di lontananza e tornai a sorseggiare il mio caffè, osservando fuori dalla finestra il paesaggio innevato. 

Era bello che tutti si stessero riconducendo alle proprie metà, ai propri affetti, ma una parte di me provava un forte senso di angoscia nel sapere che io non avevo una metà con cui farlo. Avevo sempre avuto il senso di vuoto all'altezza del petto, come se mi mancasse qualcosa, come se il mio cuore fosse scappato nel corpo di qualcun altro lasciandomi vuota. Non era una cosa nuova, eppure ora lo percepivo con più enfasi. Non avevo mai imparato a scacciare quella sensazione di solitudine e l'unica cosa che mi era davvero stata utile era stata Nike. Chissà dov'era adesso, anche se sapevo fosse con lui, chissà se si sarebbe ricordata di me, del mio odore. Avevamo passato poco tempo insieme, ma aveva iniziato ad adorarmi come io avevo adorato lei. Forse non era il tempo a determinare un sentimento, ma come ti ha fatto sentire, ciò che ti ha fatto provare. Mi ero chiesta spesso in quegli anni difficili se il ricordo di me avesse sfiorato qualcuno di loro. Se la mia voce avesse tormentato la mente di uno di loro, se qualcuno avesse sentito la mia risata come un ricordo così vivido da sembrare vera o se qualcuno avesse pensato a me, nel sentire l'odore che mi associavano. Ero stata egoista per tutto il tempo, sperando di essere ricordata e pensata con malinconia, perché era l'unica cosa che mi faceva sentire ancora viva. Che mi faceva sentire Arya, la vera Arya, e non l'involucro che ero diventata. 

TecumWhere stories live. Discover now