XLVII.

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"Fino a quel momento non avevamo mai vinto,
da quel momento non perdemmo più".
- Sir Winston Churchill

❄︎

Tutto mi aspettavo dalla vita, ma mai di vedere irrompere nell'ufficio suo nipote Kyran con Nezha alle calcagna. O per meglio dire, lui che aveva un braccio attorno al collo di lei, che era costretta a tenere alto il mento per non sentire la dura pressione sull'esofago. Il suo sguardo era di puro odio, duro come ciò che rendeva il suo corpo rigido come la pietra.

Lo sguardo di Kyran si posò su di me e sembrò passargli un lampo di dispiacere nello sguardo nero come la pece. Storsi il naso e voltai la testa, incapace di guardare uno dei tanti traditori della mia vita.

«Non guardarla, cazzo. Non ne hai il diritto!». Sbraitò Dantalian, facendo un passo avanti verso Kyran. Circondai il suo avambraccio tatuato con la mano e non mi servii applicare forza per frenare la sua avanzata.

Denholm, con un sorriso arrogante sul volto, si staccò dalla scrivania e, sotto lo sguardo sospettoso di tre di noi, si avviò verso l'armadio alle nostre spalle. Era di legno, uno di quelli americani classici dove nei film horror ci si nascondeva e si osservavano le cose dalle persiane simili a quelle delle finestre. Si protese verso l'interno di esso, una volta aperte le ante, e tirò fuori qualcosa. O per meglio dire qualcuno.

Il ragazzo aveva del sangue già asciutto e incrostato su una parte del mento, così come su un sopracciglio e su uno zigomo. I capelli scuri gli cadevano a tendina sui lati delle tempie, lucidi come se fossero sudati, e gli occhi gonfi pieni di rancore. Indossava ancora la divisa bordeaux, con la camicia tutta spiegazzata, la giacca sporca di macchie di sangue che però erano difficili da notare e a piedi nudi. Del nastro adesivo grigio non gli permetteva di proferire alcun suono e gli era quasi impossibile muoversi poiché gli aveva legato anche i polsi, storcendoli dietro la schiena, così come le caviglie, con delle fascette di plastica.

Lo guardai con il cuore in gola, mentre Dantalian si lasciava andare in un sospiro negativamente sorpreso. «Melville». Immaginai la rabbia che stesse provando nel vedere un suo amico legato e sottomesso.

Denholm spinse il suo stesso figlio sul pavimento con poca delicatezza, facendolo grugnire di dolore per la botta improvvisa, e Nezha fu la prima di noi a perdere totalmente la testa. «Stai facendo del male a persone che non c'entrano nulla con noi!».

«Lui più di tutto c'entra, invece. Se Arya è il primo perno del mio piano, Melville è il secondo. Non voglio un bambino solo da te e mio nipote, mia cara». Inclinò la testa e assunse un'espressione da psicopatico. «Voglio che Melville e Arya concepiscano un bambino che sarà il paziente zero di un nuovo esperimento paranormale. Lui, o lei, sarà il prescelto che darà inizio ad una nuova specie di ibridi superiori, non più inferiori a nessuno: i metà demoni e metà dei. Non ci saranno più distinzioni, non ci saranno più limiti o odio, superiorità o inferiorità. Non ci sarà più nessuno che vorrà essere uno dei due, quando può essere entrambi, e la splendida ragazza mora che abbiamo qui ne è la dimostrazione».

Prese un foglio dalla scrivania e iniziò a leggerlo. «Arya Buras, per noi una ragazza di 18 anni abbandonata dal padre e orfana di madre, per gli umani una semplice ragazza di 23 anni inspiegabilmente milionaria, amante dei tatuaggi, con sempre un cane lupo al suo fianco e nata in Canada, prima di trasferirsi a Tijuana per lavoro. E sappiamo tutti di che lavoro stiamo parlando». Abbassò il foglio e lo posò dov'era prima. «Per demoni e dei, infatti, Arya Buras è un nome e una garanzia, chiunque la conosce grazie ai poteri formidabili che le ha lasciato la madre. Come demone e come semi dea è dura come una guerriera, furba come una volpe e velenosa come un serpente, tanto da essere temuta dalla maggior parte proprio come la madre. Che per dovere di cronaca, è giusto dire che ho scoperto che non è morta durante il parto come lei annuncia, ma si è sacrificata per salvarla dalla gente che ha sempre voluto ucciderla per rubarle i poteri».

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