XX.

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Del mio dolore sai niente perché se tu sapessi, alla fine, non mi odieresti

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Del mio dolore sai niente perché
se tu sapessi, alla fine,
non mi odieresti.

Azura Helianthus

❄︎

Dantalian

La osservai da lontano, seduto a qualche banco di distanza da lei, con gli occhi puntati alla sua lucente massa di capelli scuri e i sensi in allerta, cercando di sondare le sue emozioni con il mio naso demoniaco.

Sentivo un odore aspro nell'aria, era nervosetta oggi, ma c'era anche un odore che in lei non avevo mai sentito prima, dolce come il cioccolato e delicato come la vaniglia. Non riuscivo a capire cosa fosse, ma non era molto presente, considerando la postura rigida della sua schiena.

Qualcosa la turbava e quel qualcosa ero io. Ero tornato ad ignorarla dopo San Valentino e l'unico motivo era la rabbia che mi tornava in mente quando pensavo al motivo per cui non potevamo stare insieme.

Si era già messo il destino contro di noi quattro anni prima, in un modo che nessuno dei due avrebbe mai potuto risolvere, e ora che avevamo dato tutto per essere dove eravamo, lei non voleva stare con me perché mi reputava un mostro. Un mostro crudele, che l'aveva tradita, mandata al patibolo, odiata e martoriata.

Non potevamo stare insieme perché lei credeva davvero che io fossi il crudele principe guerriero.

Scossi la testa e scarabocchiai qualcosa sul taccuino, ignorando totalmente il professore e qualunque cosa stesse blaterando. Finché il silenzio attorno a me non fu troppo silenzioso e non fui costretto ad alzare lo sguardo, incontrando quello del professore.

«Signorino Zolotas, se la lezione non è di suo interesse le indico quella, che è una porta, da cui può benissimo uscire e rimanere in corridoio». Si sistemò gli occhiali sul naso e a me venne voglia di spaccarglieli.

Avevo problemi ben più grandi di una lezione del cazzo.

Sbuffai. «Certo, ma ormai mancano pochi secondi al suono della campanella, quindi perché dovrei scomodarmi».

Vidi la testa di Arya scattare nella mia direzione, osservandomi con uno sguardo di rimprovero.

Il professore assottigliò lo sguardo. «In realtà mancano ben venti-».

Una carezza astratta alla campanella, che potevo osservare da qui, e lei scattò, iniziando a fare il solito rumore assordante, confermando le mie precedenti parole. Che dire, il potere di coercizione sapeva essere una gran figata.

TecumWhere stories live. Discover now