XXXII.

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«Mi sei mancato, dannazione». Lo strinsi fra le braccia come un'ancora di salvezza e lui fece lo stesso, ma non senza prima avergli scombinato tutti i capelli bianchi perfettamente stirati e in piega.

Lo sentii ridacchiare. «Mi sei mancata anche tu, amor meus».

Facendo parte di due classi diverse, essendo io una Élite, viste le mille regole severe del Geenna, i nostri incontri si erano quasi azzerati. Tranne oggi, che era domenica, Denholm era partito per Denver e Dantalian ci aveva dato le chiavi dell'auto di Melville, dicendoci che avevamo assai bisogno di una giornata come i vecchi tempi. Solo io e mio fratello, dopo ben quattro anni.

Presi un morso della fragola sporca di cioccolato, che avevamo comprato in un negozietto vicino al punto in cui ci trovavamo, perché entrambi andavamo matti per la frutta. Io di fragole, lui di kiwi.

«Come stai?». Parlai con la voce attutita dalla fragola.

Mi osservò sorpreso. «Dovrei chiederlo io a te, dopo quello che è successo l'altro giorno».

«Er, ti conosco come le mie tasche. Anche se non ci siamo visti molto in questo ultimo periodo al Geenna sei ancora mio fratello e io so bene che quando stai male non lo dici, lo nascondi e cerchi di nasconderti nel dolore altrui. Oggi non sarò così». Lo rimproverai con lo sguardo.

Sospirò. «Che devo dirti? Che devo dirvi? Che dalla battaglia la mia vita è andata a picco come il titanic e non è più risalita? Che con Med va tutto male, perché più lo guardo più mi ricordo cos'ha fatto? Dannazione, mi ha lasciato quando io avevo più bisogno di lui, dopo la tua morte. Lo so che non aveva altra scelta, ma se lui me l'avesse detto...».

«Sarebbe cambiato qualcosa se l'avessi saputo prima? Credi davvero che saperlo ti avrebbe preparato il cuore a ciò che stava per succedere? Perché nel mio caso è stato così e credimi, non è cambiato un cazzo». Mi dimenai sul posto, a disagio, e giocai con il telo da spiaggia che avevamo usato per fare un picnic.

Io lo sapevo di Med, sapevo chi fosse, ma non che... sarebbe potuto mai succedere quello che sarebbe successo. Mi sentii in colpa perché forse avrei dovuto dirlo ad Erazm, ma decisi di far finta di nulla, proprio come non avrebbe mai saputo delle cicatrici sulla mia schiena. Certi pesi era meglio che li sostenessi io al posto suo, perché lui non avrebbe mai avuto la forza necessaria per non spezzarsi. Neanche io, probabilmente, ma per lui ce l'avrei fatta.

Fissò un punto vuoto. «Tu hai saputo perdonare Dantalian perché, alla fine, qualunque cosa lui abbia fatto di brutto l'ha fatta solo per te o per gli altri. Med ha dovuto scontare un pegno della sua vita precedente e io non sapevo neanche che l'avesse, una vita precedente. Mi sono reso conto di essermi innamorato di qualcosa che non esiste, capisci?». Mormorò.

Mi sembrava di star ascoltando me stessa, riportata ai giorni terribili in cui avevo scoperto il tradimento di Dantalian. Un tradimento che in realtà non lo era stato, ma solo tante piccole incomprensioni che avevano dato vita ad una voragine fra di noi. Così tanto dolore in così poche gioie, era questa la forza sconosciuta di cui si parlava tanto?

«Nessuno più di me può capirti, Er...». Ribattei con voce roca e bassa.

Abbassò lo sguardo. «Ho scritto molte lettere in tutti questi anni, sai? Indirizzate a te, a Med, a Dan, Rut, Ximena, altre a nessuno, altre a chiunque le avrebbe mai lette. C'erano certe cose che sentivo di non poter dire a nessuno e allora non mi restava che metterle su carta. Le ho tutte conservate con cura in valigia...».

TecumWhere stories live. Discover now