XXI.

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«Wow, guarda un po' chi c'è». Nivek mi fissò con un sorriso provocatorio e mi indicò con la forchetta di plastica che teneva in mano. «Credevo che fossi una fighetta troppo vip per stare con noi».

Alzai le spalle. «Una fighetta lo sono sul serio ed è per questo che sei profondamente invidioso».

Posai il vassoio accanto ad Honey, che mi sorrise con dolcezza. Di fronte a lei c'era Melville, alla sua sinistra Nivek, di fronte a me, e al mio fianco si sedette Dantalian, che aveva di fronte un ragazzo che ancora non conoscevo e accanto ad entrambi una ragazza mai vista prima.

La ragazza notò il mio sguardo e arrossì, porgendomi la mano. Mi alzai lievemente per potergliela stringere e la mia mano fredda si scontrò con la sua, caldissima. Strinse e tornò a sedersi. «Io sono Cassandra, ma puoi chiamarmi Cassie».

«Io sono Arya, piacere di conoscerti». Sorrisi e iniziai a mangiare un po' di vellutata di verdure varie. Il suo aspetto verde non era invitante, ma il gusto non era male. Genuino.

Denholm era tornato la sera prima e di conseguenza anche il suo regime di paura. Avevo visto Kyran a lezione, ci eravamo salutati da lontano e i nostri occhi avevano detto quello che non potevamo dire.

Non posso toccarti, ma ti sento addosso.

La situazione non era piacevole, non mi sentivo a mio agio a stare con Dan e con Kyran a intermittenza ma non ero in grado di decidermi. Non c'era nessuno dei due che mi desse il 100% delle certezze o, al contrario, di dubbi.

Dopo la storia di Dan mi ero sentita in colpa come non mai. Avevo creduto alle voci e non a lui, non alla sua rabbia, non alle sue parole e agli sguardi tristi che assumeva tutte le volte in cui gli davo del mostro. Forse lo era, anzi, sicuramente lo era, un mostro, visto ciò che aveva fatto, ma ora capivo perché Non gli era stata lasciata altra scelta se non diventare ciò che gli altri credevano che lui fosse. Non potevo neanche immaginare il suo dolore. Ma questo non eliminava ciò che lui aveva fatto, il suo doppio tradimento, l'aver accettato di diventare un Élite, l'avermi trattato come se fossi un oggetto che gli appartiene o semplicemente quel piano finale di cui non voleva parlarci. C'era ancora troppo silenzio fra di noi e io di silenzio ne avevo vissuto in troppo.

E poi c'era Kyran. Sarebbe stato perfetto, con lui mi sentivo a mio agio e quasi capita, potevo essere una persona diversa perché lui non sapeva nulla di me che non venisse fuori dalla mia bocca e questo mi faceva sentire potente. Ma anche con lui c'erano silenzi inspiegabili, oltre l'impossibilità di stare insieme se non in luoghi nascosti. Spariva per giorni, sembrava quasi camminare all'interno dei muri visto che quando non voleva essere visto non si vedeva sul serio, e questo mi angosciava.

C'era qualcosa che non andava in entrambi, ma quale dei due avrebbe valuto la pena?

Un colpetto al ginocchio mi fece voltare. «Tutto okay?». Bisbigliò Dan.

Annuii. «Pensieri».

«Posso scacciarli, se vuoi». Prese la ciotolina con alcuni pezzi di fragola e banana dentro, una macedonia, e me la porse, malgrado la mia fosse ancora piena. Sapeva quanto mi piacesse e mi aveva donato anche la sua porzione. «È l'unica cosa bella dell'essere rimasto al buio per così tanto tempo. Impari a scacciare i demoni che ti graffiano la mente».

Mi si lucidarono gli occhi, sentii proprio le lacrime raggrupparsi in un unico punto, e quasi imprecai. Odiavo essere diventata così emotiva, per la miseria. Presi una fragola e la masticai lentamente, mentre la sua mano, da sotto il tavolo, si posava sulla mia coscia.

TecumDär berättelser lever. Upptäck nu