XXXI.

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«Lo sai che la torta di carote si chiama così perché la carota rientra negli ingredienti e non perché è arancione, vero?». Nivek mi osservò molto poco fiducioso.

Era appoggiato al bancone di metallo della cucina della mensa, con la giacca bordeaux buttata chissà dove, le maniche della camicia arrotolate fino a metà braccio, mostrando la pelle pallida e i muscoli delle braccia. Non era muscoloso come Dan, ma era visibilmente forte quanto gli altri dell'Élite. Ed era incredibilmente bello, con i capelli così chiari, gli occhi celesti simili ad Erazm e le labbra carnose.

Lo fulminai. «No, pensavo fosse un nome d'arte. Certo che lo so!».

«Allora perché non le hai messe qui, nel tavolo, insieme agli altri cavolo di ingredienti?». Alzò un sopracciglio.

Chiusi gli occhi e sospirai, pentendomi di aver proposto una cosa del genere per mostrargli la mia gratitudine. «Stavo aspettando che Dan cacciasse un coniglio, così avrebbe potuto portarcele lui le carote, che ne dici?». Aprii gli occhi e lo vidi sorridere divertito. «Sono nel mobile in basso, dove ci sono le altre verdure. Non le ho ancora prese perché le devo ancora tagliare, genio».

Eseguì i miei ordini e ne posò qualcuna sul tavolo, iniziando a tagliarle a strisce sottili con un coltello. «Credo che Dan intendesse altro quando ha detto che gli piacciono le conigliette, sai?». Ghignò.

«Stupido». Borbottai sorridendo.

Inserii nel mixer una quantità non elevata di olio e grattugiai la buccia di un'arancia, rimettendola poi al suo posto. Nivek ci buttò dentro le carote tagliuzzate e io chiusi il tutto, iniziando a frullarli insieme e pregando la riuscita della crema senza grumi.

«Come stai, ora?». Agguantò una mela verde dal cesto e la mangiò a morsi, il rumore dei suoi morsi mi fece venire i brividi. Odiavo quel rumore.

Annuii a me stessa. «Adesso bene. Nuoto, nuoto e nuoto, come mi ha consigliato qualcuno». Sorrise. «Non hai mai pensato di intraprendere una carriera da psicologo o terapeuta? Sei parecchio bravo, Niv».

«Lo psicologo servirebbe a me, dolcezza. Finché sono qui i miei problemi sembrano minori, ma fuori torneranno ad essere problemi, e non credo che uno psicologo possa iniziare una carriera quando lui stesso ha dei... traumi irrisolti». Tentennò.

Aggrottai la fronte. «Sul serio? Sei la persona che aiuta tutti e che poi non ha nessun aiuto?».

«Diciamo che sono il tipo di persona che preferisce risolvere quelli degli altri per dimenticare i suoi. Alla fine dei conti, ognuno ricava ciò che più desidera». Si strinse nelle spalle e diede un altro morso.

Tolsi il coperchio del mixer, soddisfatta della consistenza della crema, e in un'altra ciotola unii la farina, la fecola, lo zucchero, il pizzico di sale e il lievito setacciato. Aggiunsi la crema di carote e olio, sotto lo sguardo schifato di Nivek, e mescolai tutto insieme. Buttai l'impasto all'interno di una tortiera a forma di cuore, la infilai nel forno e chiusi l'anta di esso con un colpo di sedere.

Mi asciugai le mani, sporche di farina, su uno strofinaccio. «Cosa ti fa paura, Nivek?».

Per un lungo momento, mentre ripulivamo e mettevamo tutto al suo posto, lui non rispose. Credetti quasi che non l'avrebbe più fatto, in effetti, ma alla fine si lasciò andare.

TecumWhere stories live. Discover now