XXV.

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Quando il buio della notte ti circonda, fatichi a ricordare che il sole tornerà ogni mattina, portando luce, chiacchere e risate. 

Il bello e il brutto della notte è che il mondo intero si ferma. Negozi chiusi, macchine spente, umani dormienti, animali nascosti e luoghi bui. Un rumore che nessuno sentirebbe durante il giorno, durante la notte diventa il frastuono più rumoroso. Tutto diventa più intenso la notte, i ricordi, le mancanze, i dolori, i sentimenti, le paure, l'ansia, e forse è per questo che in quelle poche ore di buio più fitto si è stabilita una legge che nessuno ha sottoscritto, ma che tutti eseguono: di notte si dorme, di giorno si vive. 

E poi c'erano quelli come me, che non vivevano mai. Soffrivano soltanto, specialmente la notte, ed è per questo che l'insonnia spuntava come il mostro sotto il letto di cui non ti sei mai resa conto. Il problema era quando, il mostro, aveva il tuo stesso aspetto. 

Mi alzai piano, cercando di non fare rumore, e mi infilai le ciabatte, oltre la vestaglia di seta bordeaux per coprirmi meglio. Mi chiusi la porta alle spalle sapendo che non avrei avuto problemi a tornare dopo, poiché le porte qui erano sempre tenute aperte. Non esistevano chiavi, non esistevano blocchi o limiti, privacy o volere. 

Scesi le scale in tutta calma, illuminata dal chiaro di luna delle enormi finestre poste alla destra o alla sinistra di ogni rampa, fino al primo piano, dove c'era la mensa. La superai, diretta verso la fine del corridoio, e mi infilai in quell'aula abbandonata piena di banchi dove mi aveva portato Rut. La porta era leggermente aperta, ma non ci badai troppo, era pur sempre un istituto pieno di giovani ragazzi.

Mi recai verso il balcone, ancora un po' bagnato dalla pioggia che aveva colpito la cittadina per tutto il giorno, motivo per cui eravamo quasi tutti tristi e scoraggiati. Quando non puoi uscire e le giornate sono tutte uguali l'uno all'altra è inevitabile diventare meteoropatici. 

Osservai il giardino e le foglie scure, bagnate dalla pioggia, il verso dei gufi, il vento leggero e gelido della notte. E per ultimo osservai la luna. 

La distesa scura accanto a lei mi fece rabbrividire, ma qualcosa mi attirava come una calamita e costringeva i miei occhi a rimanere fissi sul cielo notturno. Avrei voluto avere la possibilità di volare solo per poter sfiorare l'aria lì su e vedere se fosse diversa rispetto a quella che c'era quaggiù, se fosse in grado di ridarmi l'ossigeno che mi era stato tolto. 

Nell'immensa distesa di buio c'era una stella. Una, solitaria e luminosa, poco lontano dalla posizione della luna, che oggi era piena a metà. Quella stella era dalla parte scura di essa e in qualche modo sembrava illuminare la parte buia che la luna non riusciva, almeno oggi, a far splendere. Sorrisi e mi sfiorai le labbra con la punta delle dita.

Chissà se esisteva, nell'intero universo, la stella adeguata a illuminare la parte scura di Dantalian. Chissà se mi sarebbe mai stato concesso di esserlo, mi chiesi, o se avessimo perso il nostro tempo quel giorno dove la neve mi aveva sfiorato e io mi ero trasformata in lei. Chissà se lo strappo fatto tentando di scappare l'uno dall'altro poteva essere ricucito, chissà se avevamo a disposizione ago e filo sottoforma di amore e carezze.

Qualcosa mi portò a girarmi, una sensazione di brividi sulle braccia che aveva poco a che fare con il freddo, qualcosa che non sentivo da tanto tempo. Anni fa sarebbe stata accompagnata da un odore che il mio naso avrebbe riconosciuto all'istante, adesso era semplicemente una sensazione fisica, come se i miei nervi reagissero a qualcosa di diverso da me.

TecumDär berättelser lever. Upptäck nu