XIX.

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«Sai che giorno è oggi?!». Urlò emozionata Honey, mentre io e Ximena le camminavamo dietro con una postura annoiata.

Denholm non era ancora tornato da Denver, perciò l'istituto era ancora soltanto una classica scuola dove si poteva parlare ad alta voce, camminare a spalle ricurve, mangiare ciò che volevi e andare dove desideravi. Anche se avevamo mantenuto le divise, visto che quella mattina avevamo svolto regolarmente le lezioni e ci eravamo comportati come se nulla fosse finché anche i professori non erano tornati in città.

Se Denholm fosse venuto a sapere di ciò che stava succedendo durante la sua assenza, ovvero zero regole e restrizioni, neanche gli Élite sarebbero stati salvi dalla sua furia.

Mi strinsi nelle spalle. «Un nuovo giorno per provare a morire?». Mostrai i denti, tentando di sorridere, ma fallii.

Non ero di buon umore. La confusione mi martellava la testa, l'indecisione tra Kyran e Dantalian mi distruggeva, ma soprattutto l'assenza di Kyran era inspiegabile. Sapevo, però, che dietro ad essa ci fosse un buon motivo e che stava bene. Lui sapeva prendersi cura di sé, era chiaro. Ma ero molto arrabbiata, con me stessa più che altro, e con Dantalian, come sempre, che mi scombussolava la vita come se questo lo divertisse. Mi scombussolava e poi se ne andava, mi scombussolava e poi mi ignorava.

Honey mi fulminò, Ximena strinse le labbra per non ridere. «Oggi è la festa degli innamorati!».

Io e Ximena ci scambiammo un'occhiata. «Tu sei innamorata?». Scossi la testa e lei annuii. «Neanche io».

«Bene, allora per noi oggi non è festa». Alzai le spalle con indifferenza.

Stavolta fulminò entrambe. «Dubito che nessuna delle due sia innamorata, ma farò finta di credervi. Ad ogni modo, innamorate o no, al Geenna c'è una tradizione da rispettare...».

«Zeus, per l'amore degli dei, prendimi ora». Piagnucolai.

Mi ignorò e camminò in direzione delle scale del dormitorio. «San Valentino, qui, viene chiamato "la giornata delle rose". Ogni persona, maschio o femmina che sia, può prendere una delle rose del giardino alle spalle dell'edificio e donarla al proprio Valentino, o Valentina, in forma anonima o con un bigliettino! Ci sono rose rosse per gli amanti e rose bianche per gli amici, così che tutti ne ricevano almeno una e non si sentano soli. L'amore ha tante forme, no?».

Mi vennero le lacrime agli occhi. Anche in un posto così crudele poteva esserci amore e gentilezza, se solo le persone che lo abitavano custodivano quei sentimenti, dentro di loro, come il più bello dei doni e non come una condanna.

«Per evitare fraintendimenti, a causa delle stanze condivise, le rose si lasciano sul letto della persona scelta o su degli oggetti che sappiamo appartengono solo a loro. Quindi...». Arrivata alla fine della scala, nel corridoio del dormitorio, a metà fra quello maschile e quello femminile, si fermò e si voltò verso di noi. «Buon San Valentino, ragazze. Ci vediamo dopo, in libreria, e parliamo delle rose che abbiamo trovato».

«Buon San Valentino...». Mormorammo frastornate e mi incamminai verso la nostra camera.

La porta, sempre aperta, la aprii lentamente, quasi impaurita. Non mi fermai a vedere le rose nel letto di Ximena e andai direttamente verso il mio, trattenendo il fiato alla vista di molte rose.

Sei rose bianche erano poggiate sul piumino bordeaux, ognuna con una targhetta di carta e un nome: Erazm, Med, Rut, Nivek, Honey e Myn. Mi portai la mano alla bocca e sorrisi, sorpresa da quel gesto piccolo ma così dolce e affettuoso. Non me lo aspettavo.

TecumWhere stories live. Discover now