XLV.

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Venni scossa più volte dalle spalle e per questo aprii gli occhi di scatto, malgrado il sonno sulle mie spalle pesasse come macigni. Dopo la lunga domenica al cottage con Dantalian ero tornata al Geena sfinita e la mia mente aveva bisogno di una dose di relax eccessiva, ma a quanto pare il buon caro Dio non era d'accordo. 

«Mmh, che succede?». Mormorai sconnessa dal mondo, senza la minima voglia di alzarmi dal letto quella mattina. 

Il panico nella voce di Ximena, però, mi riportò a molti anni prima, quando la paura era innestata in noi ogni singolo giorno. «Arya, c'è qualcosa che non va oggi». 

«Di che stai parlando?».

Mi tirai su immediatamente, con l'adrenalina che faceva il suo corso all'interno del mio corpo, inondando ogni cosa dentro di me. Visto che ero in pigiama mi apprestai a tirare fuori una tuta a caso dall'armadio e la prima maglia che trovai. 

Si torturò le mani e iniziò a sbattere il piede sul pavimento. «Ho aperto gli occhi e c'era troppo silenzio, allora mi sono alzata e ho controllato ogni singolo piano, ogni stanza, ma non c'era nessuno. Sono corsa subito nella stanza di Rut ma neanche lui c'era e l'ho subito chiamato...». Mi dedicò uno sguardo di puro panico. «Mi ha detto che era su un pullman con tutti i ragazzi e che credeva che anche noi fossimo a questa presunta gita, solo nel pullman femminile dietro di loro. Dei ragazzi mancano Melville, Nivek e Dantalian, delle ragazze non lo sa perché non gli è possibile vederlo. Ora anche lui è in panico, ma l'autista non vuole fermarsi per nessuno motivo e sta cercando, insieme agli altri, di tornare indietro». 

«Dov'è Nezha?». Lo stesso paura che aleggiava nei suoi occhi adesso mi scorreva lungo la spina dorsale.

Il suo petto si fermò. «Non c'è. Non c'è nella sua camera e non credo che sia in gita. Gli altri componenti sanno che non ci è stato possibile andare con loro per via di una punizione, ma noi non abbiamo fatto niente». 

Il mio sguardo, come spinto dal mio stesso sesto senso naturale, si spostò sul bagno, che aveva la porta aperta, e in particolare si posò sullo specchio da cui qualcuno, chiunque esso fosse, ci osservava da mesi. Il mio corpo si mosse da solo, marciando verso di esso, e con gli occhi setacciai tutto, anche i più piccoli particolari. Con le mani percorsi l'intera superficie del vetro, come se dovessi tirarlo via come un quadro, ed effettivamente non era uno specchio normale, incastonato in una cornice. Era come se fosse poggiato sul muro. 

I miei polpastrelli incontrarono i quattro angoli del vetro, che erano molto più sporgenti rispetto al resto. Poggiando le mani ai due lati, prendendolo esattamente come se fosse un quadro, indietreggiai. Esso venne via con me, staccandosi dal muro, e rivelando qualcosa di ancora più inquietante. 

«Oh santissimi dei». Mormorò sconvolta Ximena, ora alle mie spalle.

Poggiai il vetro con cura sul pavimento e osservai di fronte a me. C'era un buco sul muro, appositamente creato per il passaggio umano e infatti ben strutturato, che portava ad un lungo corridoio di cui non riuscivo neanche a vedere la fine, e che probabilmente si estendeva sia a destra che a sinistra come se fosse un altro appartamento. Ai lati del corridoio si vedevano con facilità delle luci riflesse da altri specchi, che sicuramente portavano alle altre camere del dormitorio. 

Mi feci una coda al volo, così da non avere i capelli in mezzo, e andai ad indossare un paio di scarpe da ginnastica, issandomi poi sul lavandino ed entrando ufficialmente all'interno del corridoio. Ximena mi guardò con indecisione, ma ci mise pochi secondi a seguirmi, e io le porsi una mano per aiutarla. La puzza di chiuso si faceva sentire e la pietra verde scuro sui muri non era esattamente rassicurante, donava a quel luogo inquietante un aspetto ancora più strano. 

TecumHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin