XL.

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Ananke era una dea in tutto e per tutto. Gentile, con i capelli più luminosi del sole che mi scaldava la pelle in quel momento e gli occhi grandi, stanchi ma sempre dolci. L'avevo evocata per parlare di Erazm, avevo un gran bisogno di sapere che tutto sarebbe andato bene, e per questo ora era davanti a me, in una proiezione divina che sembrava quasi reale. Avevo deciso di farla in giardino, nel grande labirinto in cui avevo parlato con Nezha, perché a quanto pare era una delle zone più sicure.

«Non capisco perché tu lo stia chiedendo a me, Arya». Ananke si mosse e il suo vestito bianco svolazzò.

«Perché tu sei la dea del destino, chi meglio di te può saperlo?».

Mi fissò contrariata. «Io posso sapere solo se è la strada giusta per ciò che lui è, non se è la strada giusta per il suo cuore. Se Erazm non fosse stato perfetto per questo ruolo non avrei affidato a lui questa responsabilità, ma devi tenere in mente che lui ha già perso tutto, Arya. Cos'altro ha da perdere?».

«Me, i suoi amici, la sua vita, la libertà!». Non alzai troppo la voce, non era consentito neanche fra gli dei stessi.

«Vi perderà comunque, Arya. Tu avrai la tua vita con Dantalian, Ximena avrà la sua con Rut, e lui resterà da solo, in balia del suo dolore. Credi che non possa ricadere nel mostro che è diventato dopo la tua morte? Credi che andrà diversamente, che lui non sappia di questo rischio? Ti sei mai chiesta se lui, forse, non desidera più essere libero?». Le sue parole mi entrarono dentro come una lama e per questo abbassai lo sguardo.

«Io... io non ho mai pensato a questa possibilità». Mormorai.

Si mise a braccia conserte. «Ricordi che anche tu hai fatto la stessa cosa, vero? Il tuo dolore è stato fertilizzante per fiorire, ma un fiore non serve mai solo a sé stesso, viene preso e usato da altri per regalarlo ad una persona amata. Devo ricordarti chi sei oggi, Arya?».

Non risposi, strinsi solo la mascella e imitai la sua posizione.

«O forse dovrei chiamarti con il tuo vero nome completo, ciò che hai scelto di diventare per incanalare il dolore in qualcosa di buono. Tu sei Arya, la dea del fato. Colei che conosce l'anima gemella di ogni umano, che vede il filo che collega un'anima all'altra, e l'unica che ha il potere di tagliarlo, modificando la vita di qualsiasi uomo». Si protese in avanti per sfiorarmi la mano, ma si ricordò di non essere effettivamente qui, e per questo addolcì il suo sguardo. «La domanda devi farla a te stessa, mia cara, perché solo tu puoi sapere come sarà la vita di Erazm. Concentrati...».

Deglutendo rumorosamente, mi ritrovai a chiudere gli occhi. Scavai dentro di me, trovando una porta che mi faceva compagnia da qualche anno, non di metallo nero com'ero abituata, ma bianca e molto simile allo stile greco dell'Olimpo. Alla mia sola presenza, essa si spalancò e un fascio di luce mi colpì in pieno.

Mi trovavo in Sicilia, ne ero sicura. Riconobbi il caldo afoso sulla pelle e il perenne odore di salsedine nell'aria, come il profumo del cibo tipico sul tavolo di fronte a me e il familiare dialetto siculo che proveniva dalla strada. Mi avvicinai ad Erazm, che era poggiato con i gomiti ad un balcone pieno di fiori e piante rampicanti, dando la schiena a tutti gli altri, che non mi soffermai neanche a guardare. Mi bastò poggiargli la mano sulla spalla, anche se lui non la sentì, per vedere ciò che lui aveva vissuto fino a quel preciso istante di chissà quanti anni dopo.

Dolore, pianti, nostalgia, mancanze. Poi risate, lavoro, viaggi, cultura, cibo nuovo, amicizie, solitudine, bambini e vacanze. In nessuna, però, trovai Med.

TecumWhere stories live. Discover now