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Edith

Quando arrivammo davanti al casotto di mia mamma, sul culmine di un'erta salita, era già notte. Quindi chiesi a Montgomery, che si era fermato alle mie spalle, di fare luce con la torcia del suo cellulare. Acconsentì e, dopo pochi minuti, puntò la torcia davanti a noi.

«Grazie» Gli dissi mentre mi apprestavo a cercare la mattonella difettosa sulla parete frontale del piccolo edificio.

«Non sai come entrare?» Si accostò a me.

Le nostre braccia si toccarono e io, scuotendo il capo, gli indicai un mattone. «Le chiavi dovrebbero essere nascoste dietro uno di questi. Alza un po' il telefono, per favore.»

Montgomery eseguì il mio ordine senza contestarlo e, nel giro di qualche secondo, trovai ciò che stavo cercando. Infilai il dito nella fuga mal intonacata e tirai il blocco di terracotta verso di me.

«Eccole.» Presi le chiavi e le sventolai davanti agli occhi del mio accompagnatore. «Adesso possiamo entrare, seguimi.»

Mi mossi verso destra, quindi inserii la chiave nella toppa e sbloccai la serratura. Quando la tirai, la porta emise un cigolio inquietante, che mi fece rabbrividire.

«Sembra di essere in un film horror.» Constatò Montgomery appoggiando sulla parte bassa della mia schiena una mano, che mi fece sobbalzare.

Rise ed io imprecai facendomi strada all'interno del casotto, che puzzava di chiuso e di muffa, infatti dovetti resistere all'impulso di tapparmi il naso e di smettere di respirare mentre avanzavo scortata dal ragazzo con la bandana. Nella penombra, sulla sinistra, scorsi il camino dei miei ricordi e lo raggiunsi invitando Montgomery a seguirmi. Quindi mi chinai, mi allungai verso la cassetta contenente la legna e ne gettai qualche pezzo nell'apposito buco.

«Hai un accendino?» Sollevai il viso per incontrare lo sguardo di Montgomery, che annuì e rovistò nella tasca dei suoi jeans finchè non trovò un clipper. Lo tirò fuori e me lo passò, perciò presi un po' di pagliuzza e appiccai il fuoco. «Non c'è elettricità, qui?»

«In teoria, sì» Mi alzai, mi spolverai i vestiti e mi guardai intorno. Più facile a dirsi che a farsi, dato che l'illuminazione del camino non era sufficiente. «Dobbiamo solo trovare il contatore.»

«E se saltassimo in aria? Non sappiamo quand'è stata l'ultima volta che tua madre ha messo piede in questo posto»

«Avresti l'onore di morire tra le mie braccia» Provai ad alleggerire la tensione, perchè anch'io condividevo la sua stessa preoccupazione, e sfilai dalla tasca del giubbotto il cellulare. Lo sbloccai, accesi la torcia e mi allontanai per raggiungere la cucina. Una volta varcata la soglia, ispezionai nei limiti del possibile ogni angolo della stanza e alla fine trovai il contatore sotto il lavello. Siccome Montgomery era rimasto nel salone, lo richiamai a gran voce. «Sei pronto per saltare in aria?»

«Non sono ancora tra le tue braccia, aspetta!» Ma prima che potesse rispondere e con il battito cardiaco accelerato, sollevai la levetta. Un forte rumore, simile ad un botto, si propagò per la casa e il cuore mi schizzò in gola. Istintivamente chiusi gli occhi e mi preparai al peggio.

Quando sentii Montgomery imprecare, sgranai lo sguardo e corsi nella zona living, dove lo trovai steso per terra cosparso di polvere e ricoperto da quaderni in pelle rossi. Mi rilassai subito e trattenni una risata: si era solo inciampato.

«Visto che non sei morto?» Domandai retoricamente facendo riferimento alla corrente.

«Sì, ma ho rischiato di restare paralizzato» Indicò lo scatolone vicino e sé e allungò una mano verso di me per essere aiutato. Invece di stringerla e di sollevarlo, gli diedi il cinque e feci il giro del suo corpo per raccogliere uno dei diari. Lo sentii sbuffare e, a fatica, si tirò su. Grugnendo, si spolverò i vestiti e si sistemò la bandana. «In compenso penso di aver trovato qualcosa di interessante»

Spense la torcia del cellulare e aprì un quaderno. «Sedici ottobre duemiladiciassette: oggi sento particolarmente la tua mancanza, mia cara Gigi. Sono nel mio posto segreto, seduta su questa poltrona sgualcita, da sola, e mi domando il perché tu non sia qui. Sono stata una pessima madre? Non ti ho mostrato abbastanza amore? Eppure tu sei-» Quando il discorso si fece più intimo, Montgomery smise di leggere e chiuse il diario. «Credo siano per te, Edith.»

Si avvicinò ed io sentii le lacrime salire agli occhi. Sapevo che mia mamma avrebbe patito la mia lontananza, che l'avrei fatta soffrire e disperare, ma mai mi sarei immaginata che avesse messo in dubbio le sue qualità di madre.

Sei stata la migliore, mami. La persona più dolce, amorevole ed altruista che abbia mai conosciuto. Il dono più prezioso che la vita potesse regalarmi. Non hai sbagliato nulla. Le avrei risposto se solo l'avessi saputo prima.

«Tutto bene?» Montgomery mi avvolse le spalle con il suo braccio ed io annuii, aprendo il mio diario e leggendo ad alta voce: «Oggi mi sento meglio, Dez mi ha portata a fare una passeggiata e il sole brillava alto nel cielo...»

«Guarda, Mont.» Gli indicai il nome. «Magari questi quaderni contengono testimonianze importanti. Dovremmo leggerli»

Lo guardai negli occhi e lui, annuendo, ne raccolse un altro da terra. «Hai altro da fare?»

Succederebbe Tutto - H.S.Where stories live. Discover now