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Edith

Quando Lyle se ne andò, presi un profondo respiro e tornai in cucina. Haywood era voltato di spalle e stava sistemando i bicchieri nel lavello, per cui non si accorse di nulla quando mi avvicinai e mi fermai dietro la sua schiena. Il cuore mi batteva forte nel petto mentre osservavo le sue braccia, quelle mi avevano stretta più volte, e anche se avevo una paura tremenda azzerai le distanze tra i nostri corpi. Feci scivolare le mani intorno alla sua vita e lo abbracciai. Appoggiai la guancia contro la stoffa della sua maglietta, stringendolo di più a me, ed inalai un po' del suo profumo. 

Sebbene mi risultasse difficile ammetterlo, mi era mancato e l'idea che lui avesse provato lo stesso, mi fece sentire in colpa per non averlo cercato. Ma adesso ero lì, eravamo corpo contro corpo, ed era la sensazione più bella del mondo.

«Ma che diavolo fai?» Haywood, colto alla sprovvista, appoggiò una mano sulle mie dita intrecciate sul suo ventre e si irrigidí. «Non toccarmi mai più» 

Si divincolò dalla mia presa, non abbastanza forte da resistergli, e si allontanò da me. Andò in salone e mi lasciò sola e confusa in cucina.

«Tutto bene?» Lo raggiunsi dopo aver superato lo sconforto iniziale. 

Mi sarei aspettata qualsiasi reazione al mio abbraccio, ma non quella di prima. Certo, quando mi aveva visto era stato freddo, ma poi si era sciolto. Che cosa gli era successo? Avevo fatto qualcosa di sbagliato?

«Hai davvero il coraggio di chiedermelo dopo quello che hai fatto?» Alzò il tono della voce, rimanendo di spalle.

«Haywood, io non ho fatto nulla» Non riuscivo proprio a capire. «Prima mi è sembrato che tu fossi felice di vedermi»

«Stavo fingendo. Mi sembrava evidente»

«Fingendo?» Mi portai una mano sul petto, che aveva iniziato a far male. 

No, è impossibile. Io l'ho sentito, il tuo battito che accelerava insieme al mio. Sei un bugiardo.

«Sei così ridicola» Asserì con cattiveria, girandosi ed incrociando le braccia al petto. Il suo sguardo era glaciale, tagliente come il vetro. 

Mi ferí: il suo atteggiamento nei miei confronti era ingiusto, e anche il suo commento. Perché avrei dovuto essere ridicola? Perché lo avevo abbracciato senza chiedergli il permesso?

Quello, sarebbe stato assurdo, se lo avesse pensato.

«Io non capisco...»

«Ti aspetti che io creda alle tue parole?» Inveí avvicinandosi a me, ma mantenendo sempre una certa distanza.

Stava contenendo la rabbia, -la mascella era tesa, le narici leggermente dilatate e la vena in rilievo sul suo collo- e io non sapevo come comportarmi; prima sussultai dinanzi alla sua esplicita dichiarazione di una mancanza di fiducia, poi tentai di parlare ma la gola mi si ritorse in un nodo e allora fu difficile mandare giù il groppo amaro, e infine mi limitai a cercare il suo contatto visivo per saperne di più. Però anche quando lo guardai, lui spostò l'attenzione altrove e strinse le mani in pugni lungo i suoi fianchi, lasciandomi annegare nella confusione più totale. Si stava comportando in quel modo perché non avevo usato il suo numero di telefono?

Feci per domandarglielo, perché se così fosse stato mi sarei giustificata dicendogli che credevo che, alla luce di quanto accaduto a Chicago, anche lui avesse compreso le motivazioni che mi avevano spinto a partire -ossia che la nostra vicinanza fuori dalla nostra realtà comune era pericolosa- e che ero convinta che anche lui fosse stato d'accordo, ma non ci riuscii perché mi precedette.  «Tira fuori la lista»

Succederebbe Tutto - H.S.Where stories live. Discover now