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Edith

Mi svegliai nel bel mezzo della notte perché temevo di prendere fuoco da un momento all'altro. Ero sudata, i capelli mi si erano appiccicati sulla fronte, e avevo i brividi.

Tutto intorno a me era buio, ad eccezion fatta per quello spiraglio di luce lunare che filtrava attraverso le tende, perciò feci fatica a scendere dal divano senza andare a sbattere contro il tavolino di vetro poco più in là.

Mi alzai rapidamente e ciò mi fece girare la testa, ma mi trascinai a fatica fuori dal salone e mi avviai lungo il corridoio: Haywood aveva detto di essere al fondo di esso, quindi lo percorsi per la sua interezza fino a quando non trovai una stanza sulla mia sinistra.

La porta era aperta.

Mi sporsi per vedere meglio e trovai un Haywood dormiente nel suo letto. Era buio, ma riuscivo a distinguere i contorni del suo corpo.

Entrai e mi avvicinai a lui, che stava dormendo profondamente.
Mi dispiacque doverlo svegliare, ma mi aveva autorizzato a farlo nel caso fossi stata male e, in quel momento, mi sentivo uno straccio.

Speriamo non si arrabbi. Mi chinai alla sua altezza e, incerta, gli accarezzai i capelli.

«Haywood...» Sussurrai, ma non ricevetti alcuna risposta.

Rimase nella stessa posizione: gambe rannicchiate quasi contro il petto, una mano sotto il cuscino e l'altra appoggiata sul ventre.

«Haywood...» Ritentai, questa volta sfiorandogli il viso, ma non feci in tempo a togliere la mano che lui l'aveva già afferrata e aveva spalancato gli occhi.

«Sei tu...» Sospirò lasciando la presa.

Mi alzai in piedi e lui di passò le mani sul viso in un vano tentativo di risvegliarsi.

«Mi dispiace averti svegliato, ma avevi ragione.» Mi guardai i piedi nudi.

Sentii il fruscio delle sue gambe contro le coperte e: «Stai male?»

Si mise a sedere.

«Penso di avere la febbre, sì.» Ammisi e: «Hai un termometro?»

«Ma certo.»

La stanza era immensa nell'oscurità, quindi riuscii a percepire solamente la sua presenza vicino a me -si scrocchiò le ossa- e mi oltrepassò per andare a prendere quello che gli avevo chiesto. Ritornò pochi secondi dopo, accese la lampada sul comodino e aprì la confezione di plastica, sfilando il termometro, che mi passò.

«È meglio che ti corichi.»

«Grazie.» Accolsi il suo consiglio e mi stesi sul materasso, infilando il termometro sotto la felpa, in prossimità dell'ascella, bloccandolo con il braccio.

Siccome Haywood era piuttosto taciturno per essere uno che era appena stato svegliato contro la propria volontà, spostai l'attenzione su di lui, ritrovandolo assorto tra i pensieri.

Illuminato parzialmente dalla luce della lampada, sembrava pressoché irreale. Indossava solo il pantalone della tuta, che si appoggiava sui fianchi lasciando intravedere la "V" che spariva all'interno dell'elastico dell'intimo, e il petto era scoperto e costellato di tatuaggi più o meno imponenti. I riccioli, che gli ricoprivano le orecchie, invece, erano sconvolti e il viso era stroppicciato.

Sembrava molto più giovane, un bambino alle porte dell'adolescenza, e mi fece tenerezza.

Il termometro emise un beep, segno che la mia temperatura corporea fosse stata rilevata, perciò lo sfilai e glielo passai in modo che controllasse.
Lo afferrò e ci sfiorammo le dita, ma ci allontanammo con una velocità strepitosa, tanto da risultare disumana.

Succederebbe Tutto - H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora