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Edith

«Entrate pure, ragazze. Cosa vi posso offrire?»

«Per me dell'acqua, sto lavorando» Rispose Lyle oltrepassando Haywood, che teneva bloccata la porta con un piede.

La seguii ed entrai nella nuova casa di Haywood con il cuore in gola ed un macigno sul petto. Lui chiuse la porta alle mie spalle, poi ci invitò ad appoggiare i giubbotti sul divano e a raggiungerlo in cucina. Mentre Lyle si mosse come se vivesse lì da sempre, sparendo insieme al suo amico nella stanza di destra, io rimasi piantata sulla soglia. 
Mi sentivo fuoriluogo, inappropriata, claustrofobica, e mi rimproverai di nuovo per essere caduta nella trappola della detective Martinez. Mossi un passo, poi un altro, e silenziosamente raggiunsi il salone alla mia sinistra: sciolsi la sciarpa dal collo, mi tolsi il cappotto e lo posai accanto a quello di Lyle, quindi ripresi lo zaino che avevo appoggiato sul pavimento e lo misi su una spalla. Non mi fidavo della collega di Haywood.

«Edith, acqua anche per te?» Urlò la Martinez dalla cucina.

«Sì, grazie» Mentre mi schiarivo la gola ed asciugavo le mani sudate sui jeans, la mia attenzione cadde sul camino. 

Mi avvicinai e presi tra le mani la fotografia che Haywood, a Manhattan, aveva sistemato nella stessa identica posizione: lui e Gyles all'apice del loro amore. La prima volta che l'avevo vista ero rimasta sorpresa e curiosa, mentre adesso che conoscevo la storia vederli insieme mi fece effetto. Come aveva potuto andarsene così? Come aveva potuto lasciare Haywood così? E com'era morta? Felice perché troppo esaltata dalla droga oppure a pezzi perché non era riuscita a dire al suo fidanzato quanto lo amava?

Feci un profondo respiro e posai la cornice al proprio posto: l'ultima cosa che volevo era suscitare l'ira del padrone di casa.

Constatando che l'intero appartamento fosse totalmente bianco e privo di decorazioni, se non la foto, attraversai la stanza e andai in cucina, dove trovai Haywood e Lyle ridere di gusto. Quando entrai mi lanciarono uno sguardo fugace, e non appena mi sedetti continuarono a parlare come se non esistessi. Provai ad ascoltarli, a seguire il loro discorso, ma la metà degli argomenti e dei nomi citati erano sconosciuti per me. Rimasi in silenzio e domandai ancora una volta cosa ci facessi lì.

«Allora Edith, dove vivi adesso?» Lyle prese posto vicino a me ed Haywood riempì un bicchiere d'acqua fino all'orlo fingendo disinteresse, anche se notavo dal modo in cui stringeva la bottiglia che stesse aspettando la mia risposta.

«Lontano» Non le volevo rivelare nulla sulla mia posizione attuale, non dopo aver scorto le nostre foto appese a parete nella vecchia casa di Gyles e Montgomery.

«Vivi da sola? Ti trovi bene?» Continuò.

«Non mi lamento» Rimasi vaga.

«E come stai?» La voce di Haywood mi arrivò dritta al petto. 

Quando alzai lo sguardo in sua direzione, lui fece strisciare il bicchiere sul tavolo. Lo afferrai e un po' di acqua uscì dal bordo e mi bagnò le mani. «Allora?»

Sebbene avvertissi una strana sensazione, decisi di ignorarla e di assecondarlo. «Bene, tu?»

«Mai stato meglio» Mi sorrise e si spostò verso il mobile alle sue spalle. «Ti è più venuta la febbre?»

«No» Bevvi un sorso di acqua e lo osservai frugare all'interno di una credenza. Si era alzato in punta di piedi, che erano nudi, e la maglia gli si sollevò sulla schiena. I pantaloni della tuta, a vita bassa, gli ricadevano a pennello sui fianchi e lasciavano intravedere l'elastico dell'intimo.

«Meno male» Tirò fuori un pacchetto giallo e bianco e si voltò, ma non gli prestai attenzione perché lo stavo ancora osservando.

Soltanto quando Lyle soffocò una risata, capii di aver esagerato e mi ricomposi. «Già, per fortuna»

Succederebbe Tutto - H.S.Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu