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Edith

Non ero mai stata in un obitorio, l'avevo visto solo ed esclusivamente nei film, e sebbene nella realtà non fosse poi così diverso dal grande schermo, rabbrividii. L'ambiente era scuro, l'atmosfera era tetra, fredda, e l'aria puzzava di morte.

Lasciai la porta socchiusa e avanzai lentamente, con cautela, verso la barella dove doveva esserci il corpo di mia madre. Non ero certa che il cadavere disteso davanti a me fosse il suo, perché era chiuso in un telo nero, ma lo sentivo. Percepivo il trasporto che, quasi fosse stato un filo invisibile, mi legava a quel corpo e mi spingeva a raggiungerlo prima che potesse essere troppo tardi per dirgli addio: avanzai di un altro passo e il mio cuore battè un po' più forte.

Azzerai definitivamente le distanze, deglutendo, e trattenni il respiro quando toccai con le gambe la barella, facendo scivolare la cartella blu che era stata appoggiata sopra il telo. L'afferrai al volo, impedendole di cadere rumorosamente a terra, e la lessi: era il referto della prima autopsia di mia mamma, quella che probabilmente era stata compromessa dal primo medico. Non ci capii nulla, perché il novanta per cento della terminologia era scientifica e tecnica, ma tremai lo stesso. Sembrava terribile il modo in cui avesse perso la vita.

Cercando di non perdere la lucidità, controllando il respiro affannato ed evitando che le lacrime mi appannassero la vista, alzai il foglio e mi concentrai sulla lettura di quello sottostante, che era un modulo di richiesta per procedere con un'ulteriore riesaminazione del corpo firmata da Haywood Atkinson.

Allora era vero, gli specializzandi avevano ragione, e la foto che avevo nella nostra stanza d'hotel ne era la dimostrazione: lui era al comando del caso.

Sbiancai e sentii crollare la terra sotto i piedi.

Se da un lato ero sollevata all'idea che Haywood tenesse le redini dell'indagine, dall'altro ne ero completamente terrorizzata. Qual era il suo piano? Quali erano le sue intenzioni? 

Sospirai e, ricordandomi di essere entrata in un obitorio per dire addio a mia madre, adagiai nuovamente la cartella al centro del telo nero. Spostai il mio sguardo sulla zip e allungai una mano per afferrarla, ma non ci riuscii perché rimase sospesa a mezz'aria: stavo per vedere il corpo senza vita di mia mamma, dannazione.

Non avevo mai visto un cadavere prima di allora, se non si contava la foto con la porzione di collo piena di lividi che avevo trovato, e l'uomo che era stato ucciso sotto i miei occhi ma che era ancora agonizzante quando ero scappata. Cosa avrei dovuto aspettarmi? Com'era fatto?

Durante il corso della mia vita avevo sentito due versioni - la prima che lo ritraeva semplicemente come un corpo dormiente, rilassato e privo di dolore, e la seconda che lo riteneva proprio di una persona che di umano aveva ben poco, tanto irriconoscibile- e io non avevo la benché minima idea di quale fosse la più veritiera, quella a cui avrei dovuto aggrapparmi per farmi coraggio ed abbassare la cerniera. Soprattutto perché nessuna delle due menzionava un cadavere che era già stato sottoposto ad un' autopsia, quindi tagliato e ricucito.
E ricordavo ancora del giorno in cui, anni prima, stavo studiando anatomia e mia madre, infermiera, mi aveva accennato al processo di decomposizione di un corpo: prima si gonfiava, poi i liquidi uscivano dal suo corpo, e basta...Dopo avevo smesso di ascoltare, sinceramente. Però ero piuttosto sicura che il freddo delle celle in obitorio servisse per preservarlo, per rallentare la degradazione. Quindi non avrei dovuto ritrovarmi davanti qualcosa di disumano, giusto?

Eppure mia madre era deceduta già da tanti giorni, sarebbe valso lo stesso ragionamento? 

Mia madre è morta, cazzo. E io cosa facevo mentre lei perdeva la vita?
Io ero troppo occupata a dare per scontato che l'avrei incontrata molto presto e che il nostro rapporto si sarebbe aggiustato, oltre che a provocare Haywood. 

Succederebbe Tutto - H.S.Where stories live. Discover now