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Edith

«A cosa stai pensando?»

Haywood, che si era sdraiato nella sua parte del letto con il computer sulle gambe e la schiena appoggiata alla testieria, si tolse le cuffiette dalle orecchie e richiamò la mia attenzione con una leggera gomitata sul braccio. 

«A nulla.» Mentii. 

Coricata, stavo osservando il soffitto senza smettere di pensare a ciò che Haywood mi aveva confessato mentre eravamo in viaggio.

Non mi aspettavo che si sarebbe aperto con me su un argomento tanto delicato, considerando che lo infastidisse già solo parlare della sua famiglia complicata, per cui mi risultava piuttosto difficile dimenticarsi delle sue parole, della sofferenza che i suoi occhi e la sua voce avevano cercato di celare ma con scarsi risultati.

Mi avevano colpita e turbata nel profondo, quindi non riuscivo proprio a far finta di nulla: credevo che Gyles fosse stata la fidanzata snob che lo aveva lasciato perchè lui non era abbastanza per lei, ma evidentemente mi ero sbagliata.

Non sapevo cosa fosse successo, Haywood aveva accennato ad un litigio, però doveva essere stato qualcosa di terribile se lui, così innamorato di Gyles, l'avesse respinta.

Chi era stata quella ragazza?

Com'era morta?

«Edith...» Mi rimproverò.

«Non è nulla, davvero.» Insistetti.

Non avrei potuto dar voce alle mie domande: avevo promesso che avrei rispettato i suoi spazi e non avevo intenzione di costringerlo a svuotare il sacco. Di certo mi interessava scoprire il perché lui si fosse trasformato in questa versione di Haywood, poiché ero convinta che la morte di Gyles avesse inciso sulla sua vita - soffriva ancora, infatti- ma sarei rimasta nel mio.

Mi dispiaceva che si sentisse in colpa per non esserci stato per lei, per provare del rancore nei suoi confronti perché in fin dei conti l'aveva abbandonato prima che potesse rimangiarsi le sue parole e dirgli quanto in realtà l'avesse amata, però la vita era la sua.
E noi, come già avevo provato a convincermi, avevamo dei confini da non oltrepassare.

Se provassi pietà per Haywood?

Assolutamente no: era un sentimento che lui non mi avrebbe concesso di provare.

Se volessi stargli vicino?

Sì, ma questa era una situazione che io non mi sarei potuta permettere.

«Sai che riesco a riconoscere quando mi menti, vero?»

Feci un sorriso amaro e voltai il capo in sua direzione. «E da cosa lo capiresti?»

«Da come fissi un punto indefinito sperando di non incontrare il mio sguardo, come se distrarsi fosse un peccato.» Adesso era lui a guardarmi con intensità.

I suoi occhi erano verdi, di un colore brillante, e molto profondi.
Non c'era traccia nè di rabbia nè di rancore, perchè erano semplicemente sereni, e mi piacque particolarmente osservarli senza provare alcun imbarazzo.

Era come se essersi parlati veramente per la prima volta, a cuore aperto e senza filtri, ci avesse privato della vergogna o della paura di essere fragili.
Ci eravamo sputati contro le emozioni represse di una vita e avevamo fatto terra bruciata, avevamo fatto crollare quel muro che separava il timore di sentirsi a disagio dalla voglia di liberarsi di un peso enorme.

Ci era piaciuto.

Mi era piaciuto.

Mi piaceva anche adesso, chi diventavo accanto a lui.

Succederebbe Tutto - H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora