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Haywood

Lisciai la divisa, strinsi l'agenda e bussai.

«Avanti.» La voce attraversò la porta.

Misi una mano sulla maniglia e l'abbassai per entrare nell'ufficio del mio superiore.

«Buongiorno, commissario. La disturbo?»

Duncan Gemini, che aveva il capo riverso sui documenti sparsi per la scrivania, sollevò lo sguardo ed intercettò i miei occhi. In un primo momento mantenne un'espressione naturale ma, non appena mi riconobbe, le sue labbra si aprirono in un sorriso.

«Ispettore Atkinson. È un immenso piacere rivederla.» Dichiarò appoggiando la schiena contro lo schienale della poltrona di pelle sulla quale era seduto, portando le mani dietro la nuca ed intrecciando le dita per stirarsi. «Come va?»

«Bene, direi.» Mi avvicinai e, dopo aver ricevuto il suo consenso, mi accomodai sulla sedia libera davanti a lui.

«Volevo complimentarmi per il lavoro svolto nel Queens. Ci sono stati molti imprevisti, però è stato in grado di gestire la situazione con professionalità. Come sempre, d'altronde.» Si mosse sulla poltrona: «Non avevo dubbi.»

«La ringrazio.»

Anche se non sono dello stesso avviso. Avrei voluto aggiungere.

Avevo lavorato solo qualche giorno a contatto con il mio passato e già avevo sbagliato molte cose: prima mi ero distratto, permettendo alla squadra di incapaci che mi era stata affidata di irrompere nel momento sbagliato e poi avevo arrestato erroneamente Edith, regalando così alla mia famiglia un nuovo pretesto per farmi sentire inadeguato.

Ormai era fatta, però. Sul latte versato non si piangeva.

«E con la sua famiglia, com'è andata?»

«Con tutto il rispetto, preferirei concentrarmi su ciò che è davvero importante adesso.» Appoggiai la cartellina rossa sulla scrivania, lasciando sopra la coscia il mio quaderno di cuoio, e l'aprii. «Il caso Reyes.»

Duncan Gemini, che per me non era soltanto un collega bensì amico di fiducia, sciolse il groviglio delle sue dita e si sporse in avanti per vedere meglio quando volessi mostrargli.

«Hai avuto modo di studiarlo?»

«Sì. Ho letto tutti i documenti che ci sono rimasti e, seppur forzato, credo di aver trovato un punto di partenza. Lei ha trovato la spia, invece?»

«Ci sto lavorando.» Spostò lo sguardo altrove, più precisamente sul foglio che avevo tolto dalla cartellina e: «Continui a spiegarsi, per favore.»

«Dobbiamo rendere pubblico il suicidio di Jane Turner e comunicare ai media che suo marito, Aaron Reyes, potrebbe uscire di prigione presto.»

Ci avevo pensato a lungo, durante la mia sessione di analisi del caso, e quella mi era sembrata la strategia migliore da adottare per prendere tempo mentre mi sarei recato a Chicago.
Sebbene Aaron Reyes non fosse uno sconosciuto e che, di conseguenza, fosse stato impossibile non far implodere le testate giornalistiche e non, ero certo che il diffondersi della notizia avrebbe potuto muovere le acque anche in senso positivo: Jane Turner era stata uccisa e, ovunque fosse stata, la figlia lo avrebbe scoperto, il ché avrebbe potuto spingerla a tornare a Manhattan, dove sarei riuscito a sottoporla immediatamente ad un interrogatorio.
Lo stesso ragionamento valeva per Dez Stone che, se non si fosse presentato, avrebbe confermato le mie supposizioni relative all'omicidio di Chicago, ossia che lui e l'imprenditore fossero stati la stessa persona. Ciò avrebbe potuto aprirmi altre vie, che avrei valutato in seguito. In ogni caso, avrei conseguito un successo non indifferente creando scompiglio: soltanto i migliori, sentendosi coinvolti in una tragedia, sarebbero stati capaci di mantenere un certo distacco. E dubitavo fortemente che Gia Blue Reyes rientrasse tra loro.

Succederebbe Tutto - H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora