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Edith

Era passato un quarto d'ora da quando avevamo lasciato il parcheggio del Saturn, e da allora nessuno dei due aveva più aperto bocca. Haywood continuava a fissare la strada davanti a noi fingendo che non esistessi, e io mi massaggiavo ripetutamente i polsi perchè sentivo ancora la presenza delle manette intorno ad essi. L'avevo classificata come una delle peggiori della mia vita, la serata che avevo trascorso legata ad uno sportello dell'auto e sotto il suo sguardo indagatorio. Ero sempre stata brava a mantenere la calma, ma ero rimasta talmente sconvolta da aver perso la testa. Non appena la collega di Haywood mi aveva salvata dalle grinfie di Ray ed io ero scappata, il mio cervello aveva avuto un blackout. L'ultimo barlume di ragione mi aveva gridato soltanto di sopravvivere, ed era quello che avevo cercato di fare anche dopo essere stata arrestata. Avevo temuto seriamente per il mio futuro, però dopo aver scoperto che l'ispettore fosse stato il fratello di Heath, avevo iniziato ad intravedere una scappatoia. E, quando il maggiore degli Atkinson aveva imposto ad Haywood di liberarmi e lui l'aveva fatto, avevo visto la speranza. Per questo, nonostante le disgrazie, adesso ero felice.
Non avrei potuto dire lo stesso della persona accanto a me, però. Dalla mascella tesa avevo potuto intuire quanto gli avesse dato fastidio sia di essersi sbagliato, sia di dover perdere tempo con me quando la sorella era in centrale. Ancora non riuscivo a capire perchè Heath gli avesse impedito di intromettersi e, anche se curiosa, avevo deciso di non indagare e di tacere. Avevo già le mie questioni di famiglia da risolvere per pensare alle sue. Al di là di tutto, mi ero sentita particolarmente sollevata non appena Haywood mi aveva restituito l'indipendenza. Poi, però, Heath ci aveva obbligati ad andare a casa sua per medicare le mie ferite, e la mia mente aveva rischiato nuovamente un corto circuito. Le sensazioni che provavo con lui erano talmente contrastanti tra loro che, alla fine, mi lasciavano più tesa di prima. Per questo, adesso, non riuscivo a rilassarmi. Haywood stava tramando qualcosa, e lo capivo dal modo in cui aveva aggrottato le sopracciglia e stretto le dita intorno al volante. E la situazione non mi piaceva affatto.
«Non ti chiederò scusa per aver svolto il mio lavoro, sia chiaro.» Esordì di punto in bianco.
«Come, prego?» Non ero sicura di aver sentito bene.
«Non ti chiederò scusa per averti arrestato.» Ripassò il concetto lanciandomi un'occhiata di traverso.
«E io non ti fornirò alcun dettaglio sul Saturn e cosa ho visto.» Replicai. «Tanto non ti dispiacerà restare ancora un po' qui ad indagare, no?» Aggiunsi sarcasticamente e, quando tese la mascella, capii di averlo colpito nel segno.
Seppur fossi stata amaccata, non mi era sfuggito che il rapporto tra i fratelli Atkinson fosse stato tutt'altro che roseo. Dopo aver scoperto che il mio amico fosse stato Heath, Haywood aveva cambiato totalmente atteggiamento: prima mi aveva chiesto di ripetergli il nome e, una volta realizzato di dover chiamare il fratello, era sceso dall'auto alla velocità della luce. Aveva tirato fuori il telefono, aveva aperto la tastiera e si era bloccato. Si era guardato intorno, si era passato le mani tra i capelli, e poi aveva provato a ricomporre il numero. In ogni suo gesto, avevo potuto leggere riluttanza ed esitazione, ma alla fine la sua ostinazione e la dedizione verso il suo lavoro avevano avuto la meglio, e aveva premuto la cornetta verde.
Mi erano bastati cinque minuti per notare che la sua autorevolezza fosse stata soltanto una maschera.
«No, non mi dispiace affatto.» Scrollò le spalle. «Indagare è il mio lavoro, e io amo il mio lavoro.»
Tratteni una risata, scossi il capo e rivolsi la mia attenzione oltre il vetro del finestrino. L'inverno si stava avvicinando e il paesaggio stava mutando con esso: i cortili delle villette a schiera era ormai privo di vegetazione, gli alberi erano spogli, e le abitazioni erano illuminate soltanto dalle luci interne, mentre le strade erano quasi deserte. Ma a me era sempre piaciuto l'avvicinarsi di quella stagione, dove tutto taceva e viveva nello stesso tempo, quindi abbassai il finestrino. Il vento accarezzò il mio viso, facendomi rabbrividire, e scompigliò ancor di più i miei capelli già informi. Sorrisi, perchè avevo sempre apprezzato la sensazione della brezza di metà autunno sulla pelle, e poi chiusi le palpebre per apprezzare quell'attimo di libertà.
Una ventata di aria fresca, era tutto ciò di cui avevo bisogno in quel momento. E non me lo sarei fatto rovinare da Haywood.
Se non riusciva ad ammettere di essere nel torto, erano problemi suoi. A me non importava nulla di lui.
«Se ti fai male, la responsabilità non è mia.»
Il rimprovero di Haywood giunse ovattato alle mie orecchie per via dell'aria.
«Smettila di fare il nonno.» Sollevai gli occhi al cielo e, invece di alzare il finestrino, misi mezzo busto fuori da esso. Il vento freddo ferì il mio viso con più prepotenza, dato che il guidatore aveva aumentato la velocità, ma non mi spostai di un centimetro.
«Ma tu non stavi congelando?!»
«Prima.»
In realtà i brividi mi stavano attraversando il corpo, però sentivo anche la rabbia ribollirmi nelle vene. Avevo caldo dentro, perchè ero ancora estremamente irritata dal modo in cui Heath si era rivolto a me, come se fossi stata una bambina capricciosa e non perchè avessi avuto una paura tremenda all'idea di passare altro tempo con un ispettore sveglio come Haywood, e avevo bisogno di rifrigerio. Se non fosse stato per la presenza del fratello minore, gliene avrei cantate quattro.
«Prima.» Mi fece eco, sospirando, ma non infierì.
Da come aveva troncato la conversazione, supposi che si fosse arreso, e avrei mentito se avessi detto di essere indifferente davanti alla sua frustrazione. Aveva sbagliato ad arrestarmi e, anche se non mi avrebbe mai chiesto scusa, non era stato corretto imporgli di occuparsi di me. Soprattutto se mi ero rifiutata di ricevere altri aiuti esterni. A prescindere dalla sensazione di fastidio che avvertivo quando eravamo soli, mi rendevo conto che fosse pur sempre un ragazzo. Ero in macchina durante la litigata con suo fratello, e avevo visto Haywood provocarlo ed essere spintonato contro la carrozzeria dell'auto, come non mi era sfuggita la tensione che emanava il suo corpo: Heath non avrebbe dovuto trattarlo così. C'era stato un momento in cui avevo creduto che Haywood l'avrebbe steso con una sola mossa, ma per qualche ragione si era trattenuto, e io avevo ammirato il suo autocontrollo.
Non era scattato nemmeno quando era stato menzionato la bassa opinione del padre nei suoi confronti. Era semplicemente salito in auto, in rigoroso silenzio, e non aveva più fiatato per diversi minuti. Aveva riflettuto e soppesato le sue scelte, aveva messo in chiaro le cose e poi si era richiuso nella sua testa. Lo avevo capito, prima di abbassare il finestrino, dal modo in cui aveva assunto un'espressione seria ed accigliata: aveva stretto le labbra in una linea dritta, aveva teso la mascella e aveva iniziato a picchiettare con le dita il volante, quasi ogni tocco avesse scandito un'ipotetica soluzione, e infine aveva sospirato. Tanto.
«Non ho intenzione di buttarmi giù, se questa è una delle tue preoccupazioni.» Decisi di rompere il silenzio stampa.
«Credimi, tu non rientri proprio tra le mie preoccupazioni.» Anche se l'aria mi impediva di cogliere con chiarezza la sua replica, essa arrivò comunque tagliente come un pezzo di specchio rotto.
Mi morsi la lingua per non replicare.
«Ma tu non avevi anche male ovunque?»
Visto che sono uno dei tuoi tarli? Avrei voluto fargli notare. Al contrario rientrai completamente in macchina con il busto e: «Ce l'ho, infatti, però questo non mi impedisce di godere di un attimo di pace.»
«Questa la chiami pace? Hai quasi rischiato la prigione, questa notte.»
«E di morire.» Aggiunsi sprofondando nel sedile in pelle.
«E di morire.» Concordò.
Haywood non era stolto e le sue considerazioni non erano inopportune: non c'era veramente nulla che potesse essere ritenuta pace, stanotte. Già soltanto il fatto di non aver concluso nulla dopo due giorni, ne era la dimostrazione. Le ginocchia ferite sotto i collant mi facevano male -la calzamaglia si era attaccata sulla pelle fresca-, e il taglio sul palmo della mano mi bruciava da impazzire. Ogni volta che involontariamente muovevo le dita, le lacrime mi risalivano agli occhi. Quindi - sì- stavo vivendo un momento terribile, ma rimuginarci non avrebbe contribuito a migliorare il mio stato psicofisico.
«Hai ragione, lo so.» Mi morsi l'interno della guancia per non piangere: «Ma negli ultimi anni ho imparato che pensare troppo a ciò che è accaduto non cambia le cose. Non lenisce il dolore. Così, quando succede qualcosa di orribile come stanotte, io preferisco guardare oltre. Perchè se ci penso è finita. Perciò questo è il mio momento di pace.»
«La quiete dopo la tempesta.» Constatò.
«Oppure prima.» Scrollai le spalle: «Posso darti un consiglio?»
«Non te l'ho chiesto, mi pare.» Allungò la mano verso la radio.
Provò ad accenderla ma io, rapida, glielo impedii. Coprii, per quanto possibile, il dorso della sua mano con la mia, e lo bloccai. Haywood si irrigidì e, alla velocità della luce, si scostò dal mio tocco, quasi l'avesse scottato. La mia pelle, invece, formicolava e bruciava nel punto in cui aveva sfiorato la sua. Doveva averlo percepito a sua volta, quel fremito indistinto che aveva prima scosso e poi paralizzato i nostri corpi. Non mi rivolse più lo sguardo, infatti.
«Dovresti soglierti un attimo. So che il tuo lavoro richiede controllo, autorevolezza e sicurezza, ma questo non ti obbliga ad essere un automa.» Ripresi il discorso senza il suo consenso.
«Continua a non interessarmi.» Tagliò corto. Bugiardo. Gli gridai interiormente. Ti importa.
Alle mie parole, Haywood ci aveva dato peso e non mi era sfuggito. Il suo volto era stato attraversato da un lampo di lucida consapevolezza, e anche avevo visto soltanto il suo profilo -poichè stava guidando-, lo avevo notato. Le sue labbra si erano aperte leggermente per pochi millisecondi, giusto il tempo di ricomporsi, e le dita si erano chiuse intorno al volante.
Tuttavia decisi di non infierire, anche se mi sarebbe piaciuto. «Insomma, hai appena finito di lavorare. Cosa ti impedisce di staccare la spina?»
«Il tuo parere non richiesto.»
«Sono seria, Haywood Atkinson. Hai passato una giornata di merda, ma può capitare. Non so cosa ti sia successo e non mi interessa, però ho capito che vorresti essere altrove e non qui. E hai le palle girate per tuo fratello e per me, perchè ti sei sbagliato. Ma adesso che importanza ha? Non vedo Heath nei paraggi e mi sembra che io non stia dando contro per avermi ammanettato, per ora.»
«Sono un adulto e ho delle responsabilità. Tu, adesso, sei una mia responsabilità. Quando ti avrò medicata, allora potrò pensare di staccare la spina.»
Sollevai gli occhi al cielo. «Ti sfugge che io non ti ho chiesto nulla. Potresti scaricarmi sul primo marciapiede che trovi e potresti raccontare una bugia ad Heath, e io non protesterei. Credimi.» Risi.
Non mi interessava di essere ospitata in casa di estranei, tanto meno di essere medicata da Haywood che, onestamente parlando, aveva altre priorità. Tipo la sorella.
«È mio dovere portarti a casa della mia famiglia integra.»
«Se non lo avessi notato, sono tutto tranne che inegra.» Sorrisi, stanca. Avrei voluto dormire e cancellare il giorno appena trascorso.
«Appunto. Non peggiorare le cose con le tue cazzate.» Indicò il finestrino aperto.
«Io faccio quello che mi pare, però continuo a sostenere che dovresti lasciar perdere ciò che ti ha detto Heath.»
«Perchè, tu l'hai fatto? Non sono io quello che si è chiuso in auto incazzato nero.»
«Ne sei sicuro? Perchè è proprio quello che è successo.» Lo provocai e ricevetti come risposta uno sguardo tagliente e: «La tua situazione è diversa, comunque. Credo che lui avesse delle buone intenzioni. A prescindere da ciò, se tuo fratello ti impedisce di rilassarti anche quando sei libero, dovresti fregartene. Perchè, ribadisco, nessuno ti sta trattenendo adesso.»
«Tu, invece, dovresti smetterla di infastidirmi.»
La mia pazienza oltrepassò il limite, e anche l'ultima briciola di autocontrollo vacillò. Trattenni un urlo, ma colpii il sedile di pelle e mi girai di scatto verso di lui, che continuava a fissare la strada senza battere ciglio.
«Solo perchè sono sincera?!» Sbraitai. «Senti, fino a mezz'ora fa stavo per finire in prigione per colpa tua. Per non parlare del prima. Sono ferita, e non solo fisicamente. Credimi. E stare con te non mi rassicura per niente.» Mi passai una mano tra i capelli. «Anche se Heath è stato uno stronzo, confido comunque nel fatto che non mi avrebbe lasciato con te se non si fosse fidato. Quindi, se permetti, sto provando a restare calma e tranquilla.» Deglutii. «Sto cercando con tutta me stessa di non sfogare la mia frustrazione su di te, che sei tremendamente irritante, e di essere gentile, ma tu non mi aiuti. E intuisco che la situazione ti pesi, perchè è dura anche per me, ma se ti ostini a voler fare questa cosa perfettamente, sicuramente la farai di merda. Perchè è così che funziona.» Avevo il respiro affannato. «Quindi io ti infastidisco fino all'esasperazione, perchè il tuo sfogo farà bene ad entrambi e a rendere più tollerabile la nostra vicinanza.»
Quando feci una pausa per riprendere fiato, notai che Haywood avesse portato l'attenzione su di me. Mi aveva lanciato uno sguardo fugace, ma mi era bastato per non perdere definitivamente la calma. Anche se il finestrino era aperto e l'aria entrava nell'abitacolo, io continuavo a percepire il fuoco dentro. E se prima ero riuscita a sedarlo, adesso non ero più sicura che ci sarei riuscita. Il calore era diverso, mi aveva pervasa da capo a piedi, e si era fermato nel petto e nelle vene. Il sangue lo aveva trasportato sino alla punta delle dita, che adesso formicolavano, indecise se toccarlo per dargli una scrollata oppure restare inermi. E il petto si abbassava e alzava velocemente, quasi fosse stata musica nelle casse.
«Heath non potrà mai sapere ciò che accade qua dentro, perciò puoi dimenticarti per un fottuto secondo di chi siamo. Per cui accelera, Haywood, e lasciami fare il dannato cane dalla faccia deformata dal vento. Perchè ce lo meritiamo.» Conclusi esasperata.
Attesi a lungo la sua risposta e, quando non arrivò, gli affibbiai un epiteto poco udibile e feci leva sulle gambe per sporgermi dal finestrino. Tirai nuovamente fuori la testa e chiusi gli occchi, ma non ebbi il tempo di sentire il vento sulla mia pelle perchè Haywood mi aveva già afferrata per il polso e mi aveva trascinata dentro.
Finsi di non avvertire l'elettricità che attraversava la nostra pelle a contatto, e aspettai in silenzio.
«È più bello se apri il tettuccio.» Ammiccò e premette il pulsante di apertura senza perdere la concentrazione.
«Ma se ti fai male...» Provò a minacciarmi e io nascosi un sorriso mordendomi il labbro inferiore. «Sì, è una mia responsabilità.»
Il cuore iniziò a battere forte come mai aveva fatto prima.

N/A
Buonasera! Come state?
Come promesso sono tornata con un nuovo aggiornamento!
Siamo davanti ad un momento che, se da un lato sembra solo di passaggio, dall'altro è importante proprio perché prepara al capitolo successivo.
Ancora una volta ci si ritrova ad assistere ad uno scambio di battute tra due personaggi forti e ostinati. Ognuno ha le proprie idee e convinzioni, quindi entrambi non sono disposti a cambiare la propria posizione.
Haywood sa di essersi sbagliato, arrestando Edith, ma quello è il suo lavoro e non può tirarsi indietro solo perché ha voluto seguire fino in fondo la sua pista.
Edith, invece, ora che è libera semplicemente si è gettata tutto alle spalle. In suo passato più remoto è già diventato lontano, un vecchio ricordo sbiadito. Inoltre, non ha paura di dire la sua all'ispettore: per lei, lui potrebbe benissimo lasciarla sull'orlo del marciapiede e non farebbe una piega. Ma Haywood è testardo, cavolo se lo è! Ed inevitabile è il confronto finale, quando Edith gli dice che sono solo due ragazzi e che potrebbe lasciarsi andare senza problemi. Non per sempre, solo per qualche minuto. Infondo cosa potrebbe accadere di brutto?
E anche quando Atkinson si convince, la nostra Ross non è più preoccupata di nulla. Ormai si è salvata, no?
In fin dei conti Haywood ha gettato le armi, giusto?
Eppure...Sì, c'è un eppure. Ma lo scoprirete nel prossimo capitolo!
Chissà, magari proprio domani!
Vi ringrazio per le letture e per i voti. Se vi va, potete lasciare una stellina o un commento!
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A presto!
Ari 🌷

Succederebbe Tutto - H.S.Where stories live. Discover now