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Edith

«Edith?» Haywood staccò una mano dal volante per scuotermi il braccio.

«Mmh?» Intervenni senza spostare lo sguardo dal finestrino.

«Perché hai acceso la radio? Non ti va più di parlare, adesso?» Abbassò la musica che rimbombava nelle casse.

«Perché a te va, giusto?» Raplicai pungente.

Mi aveva ordinato così tante volte di restare in silenzio che adesso avrebbe dovuto festeggiare invece di infastidirmi.

«Per caso dentro il cappuccino c'era del veleno?» Lasciò cadere pesantemente la mano sul cambio e sbuffò, al ché ritornai alla realtà con un battito di ciglia.

«Scusami.» Sospirai. «È che sono successe troppe cose in poco tempo. Le sto elaborando e non è semplice.» Mi lamentai massaggiandomi le tempie.

La testa mi esplodeva, gli occhi erano pesanti, il corpo era stanco: avrei solo voluto dormire per ore e dimenticarmi del resto.
L'unico problema era che fosse impossibile farlo: mia mamma era morta, io mi ero esposta con Haywood per chiedergli di concentrarsi sull'indagine del suo omicidio e, alla fine, avevo scoperto che l'ispettore accanto a me fosse sulle mie tracce perché mi riteneva una possibile sospettata.

All'inizio Haywood mi aveva spiazzato, lanciandomi sulle gambe la mia foto e chiedendomi se conoscessi quella bambina, però ero riuscita a contenermi e a raccontare una storia plausibile. Anche se, con il senno di poi, avevo capito di aver di nuovo rovinato tutto inventando che Gia Blue -la sottoscritta- spesso venisse allontanata da casa: Atkinson si era ulteriormente insospettito.

Avrei voluto soltanto urlare in preda alla rabbia, ma avevo escluso l'opzione a priori.

E sì, forse avrei dovuto sfruttare quel momento per svuotare il sacco e pregare Haywood affinché mi aiutasse, ma poi come avrei fatto i conti con le false identità e i giri spesso loschi nel quale mi ero cacciata?

Allora avevo stretto i denti ed ero salita in macchina, dove anche i miei sentimenti avevano preso una piega diversa: avevo cominciato ad odiare Atkinson.

Come diavolo poteva pensare che fossi responsabile della morte di mia madre?

Quale misera considerazione aveva di me?

Gli era passato di mente che, forse, fossi fuggita per altri motivi e non perché la odiassi? 

Alla fine, domanda dopo domanda, mi ero arrabbiata sempre di più ed ecco spiegato il perché avessi trattato male Haywood pochi minuti prima: scoprire che lui avesse quella bassa e triste idea di me aveva fatto male. E, a dir il vero, continuava a bruciare ancora. 

Non prendertela, non sa che sei Gia. Altrimenti non penserebbe mai queste cose di te. Mi rassicurò la coscienza e così tornai alla realtà, sperando che fosse vero, che non mi reputasse una ragazza tanto spietata da uccidere la sua stessa madre.

«Tipo?»

«Tipo che è meglio lasciar perdere.» 

«Come vuoi.»

Il fatto che Haywood decise di rispettare il mio spazio invece di insistere come avrebbe fatto di solito, mi sorprese e mi scaldò il cuore al tempo stesso, quindi lo guardai: aveva lo sguardo fisso davanti a sé, le labbra premute l'una contro l'altra, la mascella rilassata e i capelli confusi sul viso.

Era bellissimo e naturalmente giovane: così scomposto e semplice non sembrava l'ispettore che le persone temevano. Al contrario era solo Haywood e mi piaceva.

Succederebbe Tutto - H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora