35

87 7 27
                                    

Edith

«Io vado, ci vediamo dopo.»

Haywood finì di infilarsi la felpa, tirò il cappuccio sulla testa e ripose il portafoglio nella tasca posteriore dei jeans, infine mosse un ultimo sguardo in mia direzione mentre si dirigeva verso la porta.

«In realtà stavo pensando di tornare nel Queens.» Dichiarai di getto.

Haywood si bloccò, fece tre passi indietro e si voltò. «È per quello che è successo ieri?»

Sembrava confuso.

«Ieri non è successo nulla, quindi no.» Scrollai le spalle, ma mi premurai di spostare lo sguardo altrove.

Gli avevo mentito: ero terrorizzata all'idea di cosa sarebbe potuto accadere se Haywood non avesse posto un confine.

Nello stesso momento in cui l'atmosfera era degerata in pura attrazione emotiva, oltre che fisica, avevo iniziato a capire quanto fosse stato pericoloso continuare questa avventura con lui.
Mi ero esposta troppo, rivelandogli quanto mi fosse piaciuto guardarlo, ma quello che avevo temuto di più, fu la possibilità che avesse potuto capirne il senso.

Mi piaceva osservarlo, ma non solo nell'accezione oggettiva del termine, bensì nel modo più personale ed intimo possibile. Mi piaceva vedere parte della sua interiorità e il fatto che lui, piano piano e attraverso i suoi gesti premurosi, mi stesse concedendo uno spiraglio verso la sua bontà.

Quindi volevo andarmene prima che la nostra situazione superasse i limiti di riservatezza che ci eravamo imposti.

«Perchè, allora?» Indagò.

Per la prima volta, la sua insistenza mi sorprese, ma non cedetti perché dovevamo ristabilire le giuste distanze.

«Perchè non ha senso che io rimanga.» Mi alzai dal letto e mi avvicinai a lui, che indietreggiò.

Finsi di non averlo notato e: «Ho la febbre e sono solo d'intralcio per te, che dovresti lavorare invece di curarmi.»

«Se fossi stata d'intralcio, non saresti qui. Fidati.» Incrociò le braccia al petto, facendosi serio.

Sospirai.

«È proprio perchè mi fido, che non dovrei restare qui.» Puntualizzai.

Alla fine aveva vinto.

Mi aveva avvertito che avessi avuto una particolare inclinazione al volermi fidare di lui, ed io avevo negato con fermezza la sua convinzione sbagliandomi su tutta la linea.

Avevo riposto troppa fiducia in Haywood e, dopo l'episodio dello scorso pomeriggio, non ero riuscita a pensare ad altro che al rischio che avessi corso permettendomi di essere vulenarbile ai suoi occhi.

«Vedi che è per quello che ci siamo detti ieri, questa tua uscita?» Haywood si passò la mano tra i capelli, tirandoli alla radice.

Frustrato, sbuffò e mi superò, iniziando ad andare avanti ed indietro per la stanza, come se anche lui stesse cominciando a riflettere sul danno che avevamo compiuto venendo insieme a Chicago.

Eppure, nella sua camminata frenetica e nella sua postura, riuscii ad intravedere la sua sicurezza vacillare, e mi domandai il perché.

«No, Haywood.» Lo bloccai per le spalle e lo costrinsi a guardarmi.

Fu solo in quel momento che capii si stesse sentendo in colpa per avermi allontanato.

Scossi il capo, perché ripensare all'intensità del bacio che mi aveva lasciato sul palmo della mano non avrebbe cambiato la mia intenzione e, dopo aver preso un profondo respiro, presi il suo viso tra le mani. «Non è colpa di nessuno, va bene?»

Succederebbe Tutto - H.S.Where stories live. Discover now