8. Audrey

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Mi guardo allo specchio e sorrido. È passato un po' di tempo da quando mi sono messa in tiro per uscire. Indosso un vestito nero che mi arriva a metà coscia e che mi strizza le tette in modo fantastico nonostante la mia terza scarsa.

Mi sento bella. E decisamente questa sensazione migliora il mio umore. Dopo la lite con Summer ho spento il telefono, sono tornata a casa e mi sono fatta bella per uscire. Non per Andrew. Solo per stare bene con me stessa.

Andrew verrà a prendermi fra un paio di minuti e ammetto di essere nervosa. Non ho un appuntamento da qualche mese e mi sento un po' arrugginita. L'ultimo ragazzo con cui sono uscita era un vero imbecille. Tutto muscoli, niente cervello e ancora innamorato della sua ex. Per questo motivo, dopo cinque uscite disastrose, ho deciso di prendermi una pausa.

Di pensare a me stessa e alla mia futura carriera.

Esco dal bagno e mi imbatto direttamente in Damon. O meglio gli vado proprio a sbattere contro. Lui allunga prontamente una mano e mi aiuta a sorreggermi in piedi.

<<Audrey>>, sussurra piano. Il modo in cui pronuncia il mio nome mi confonde e mi frastorna. Santo Dio, lo detesto. Detesto quanto è presuntuoso, sicuro di sé, lunatico e sexy allo stesso tempo. E detesto il modo in cui il mio corpo reagisce al suo tocco morbido sulla mia pelle. Traditore.

<<Damon>>, rispondo. Faccio un passo indietro e la sua mano cade in mezzo a noi.

I suoi occhi percorrono lentamente tutto il mio corpo. Parte dai miei tacchi, sale lungo le mie gambe per poi arrivare al mio petto e terminare la sua corsa alle mie labbra. Il desiderio lampeggia nel suo sguardo e sospira leggermente. Come se fosse combattuto.

Il mio cuore prende a battermi forte per un'emozione a cui non so dare un nome. È come se avessero acceso un fuoco d'artificio dentro di me e non mi sta nemmeno toccando. Ma come può essere una cosa del genere?

Si schiarisce la voce. <<Hai un appuntamento, fragolina?>>. Il mio soprannome lo sputa fuori come una imprecazione. Se non sapessi che mi detesta, penserei che sia geloso. Ma assolutamente non può essere.

Incrocio le braccia al petto e mi metto subito sulla difensiva. <<Sì, ma non sono affari tuoi>>.

Solleva le mani in aria. <<Non ho detto niente>>, si difende. <<Chi è lo sfortunato?>>.

<<Ah-ah. Divertente>>. Lo supero con una spallata ed entro nella mia camera. Mi segue. <<Adesso hai deciso di parlarmi?>>, chiedo e non riesco a nascondere un filo di rabbia di troppo nella mia voce.

Mi ha ignorata per cinque lunghi giorni. Niente battutine. Niente "fragolina". Niente.

Si appoggia allo stipite della mia porta con una spalla. Mi permetto di dargli una sbirciatina. Indossa un paio di pantaloncini da basket rossi calati bassi nei fianchi e una maglietta bianca che si appoggia perfettamente ai suoi muscoli. Sembra parecchio stanco.

Aggrotta le sopracciglia. <<Non ho smesso di parlarti>>.

Apro la mia borsetta e ci infilo dentro i miei documenti. <<Ah no?>>

Scuote la testa. <<Non ti sto evitando. Ho avuto da fare>>.

So che è vero, ma una parte di me continua a non credergli del tutto. Dopo la nostra conversazione di una settimana fa, non l'ho più visto in giro. So che è stato assorbito dagli allenamenti, dalle lezioni e dai suoi amici, ma so anche che in parte è arrabbiato con me.

<<Non ti credo>>, dico evitando il suo sguardo.

Si raddrizza. <<Fai quello che ti pare. In ogni caso sei tu che mi hai chiesto di lasciarti in pace, no?>>

<<Sì, ma questa è casa tua. Non devi stare fuori fino a tardi solo perché mi odi>>.

Fa un passo nella stanza. È furioso. <<Io non ti capisco!>>, sbotta.

Mi giro per fronteggiarlo. La rabbia luccica nei suoi occhi. <<Cosa non capisci?>>

Le punte dei suoi piedi nudi toccano le mie scarpe. È troppo vicino. Riesco a sentire il suo profumo spaziale mescolato a quello del bucato fresco. <<Che ti ho fatto di male per meritarmi questo?>>, chiede sconfitto. <<Mi hai chiesto di lasciarti in pace. Di trovarmi qualcuna che mi volesse e ora sei arrabbiata con me per questo?>>

Apro la bocca per dire qualcosa ma non mi esce niente.

<<Non hai niente da dire?>>, domanda facendo due passi indietro, scuotendo la testa.

Suonano il campanello e scappo via. Afferro la mia borsa da sopra la scrivania e corro al piano di sotto. Ethan ha aperto la porta per me e ha fatto entrare Andrew. Lo prendo per un braccio e lo trascino fuori.

Damon mi ha seguita e prima di uscire dice: <<Non è finita qui, fragolina!>>. Lo ignoro perché ha ragione. Non è finita qui ma non so nemmeno io spiegargli quello che sento. È vero sono arrabbiata con lui dal primo anno e solo io so il perché.

<<Tutto bene?>>, mi domanda Andrew aprendomi la portiera.

Annuisco. <<Solo una lieve discussione con il mio coinquilino>>.

Solleva un sopracciglio. <<Sbaglio o a quel tizio piaci? Vedo come ti guarda al Red. Non voglio intromettermi ma non voglio nemmeno immischiarmi in qualcosa>>.

<<Ti sbagli. Non c'è niente>>.

Sospira. <<Va bene>>. Fa il giro dell'auto e si posiziona dietro il voltante. <<Ho prenotato un posto da Daniel's. Spero ti piaccia il cibo italiano>>.

Spalanco gli occhi. Il Daniel's è il locale più costoso e romantico del quartiere e mi sorprende che lui voglia portarmi proprio lì. Pensavo saremmo andati in un pub o qualcosa del genere. <<Sì, io mangio tutto>>.

Ridacchia. <<Ottima notizia!>>

Partiamo e non posso non guardarmi indietro. Damon è fuori sulla veranda, le braccia muscolose incrociate sul petto e un'aria minacciosa. Non sembra per niente felice della mia uscita e della nostra conversazione.

In cuor mio so che forse è giunto il momento di parlare di quella sera di due anni fa.

QUALCUNO COME TEDär berättelser lever. Upptäck nu