54. Damon

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 Esco dalla piscina e sento tutte le goccioline colarmi lungo gli addominali tesi. Ho passato gli ultimi due giorni ad allenarmi nella palestra del resort e a fare vasche in piscina al tramonto, il momento più tranquillo della giornata visto che gli ospiti si preparano per la cena. Amo questo posto quando il cielo sopra la mia testa si colora di arancione.

Mi guardo attorno come ho fatto nelle ultime ore. Ci sono un paio di ragazze che si sono attardate nelle sdraio e che mi stanno fissando spudoratamente. Lo fanno già da due sere di seguito. Qualche risatina, qualche sfarfallio di ciglia e sorrisetti sensuali. Le ignoro, come sempre. Non sono interessato.

Audrey. Il ricordo dei suoi occhi tormentati mi brucia l'anima.

Raggiungo lo sdraio dove ho lasciato l'asciugamano e mi tampono gli addominali, il collo e i capelli. Mi guardo attorno ancora una volta, spinto da una strana sensazione che mi stringe il petto in una morsa. I miei occhi passano in rassegna i pochi posti occupati. Giusto due o tre. C'è una ragazza, distesa a pancia in giù che se non sapessi che è impossibile, penserei subito ad Audrey.

La pelle setosa e candida. Capelli castani raccolti in una crocchia disordinata e un piccolo tatuaggio appena sotto la scapola. Audrey ne ha uno simile, nello stesso posto.

Sto impazzendo.

Non c'è altra spiegazione. Rivedo lei ovunque. Forse perché la vorrei qui accanto a me più che mai. Ne ho bisogno come dell'aria che respiro. Ma l'ho respinta ed è tutta colpa mia se non è al mio fianco adesso.

Non ho ancora acceso il telefono da quando sono qui. Sono terrorizzato all'idea che lei non mi abbia cercato nemmeno una volta, dopo come l'ho trattata l'ultima volta che ci siamo visti. Mi sento così in colpa che il dolore mi stringe la gola. Mi perdonerà mai quando tornerò in me?

Spero di sì. Voglio essere degno di lei. Amarla come merita.

Ritorno con lo sguardo a quella ragazza. Quanto vorrei che fosse Audrey... Mi avvicino con cautela e appena lei si volta e incrocio quegli occhi, mi si mozza il respiro in gola. No, non è possibile, no. Scuoto la testa e chiudo gli occhi.

<<Non sparirò>>, dice quasi divertita.

Faccio un respiro profondo. Riapro gli occhi e lei è ancora lì. Bella da mozzare il fiato, leggermente abbronzata ed imbronciata. <<Cosa ci fai qui?>>, chiedo più bruscamente di quanto vorrei. Non dovrebbe essere qui. Non me lo merito.

Serro forte la mascella e mi costringo a non gettarmi su di lei e abbracciarla. No, non cederò.

Si mette in piedi e mi fronteggia. Le mie mani prudono dalla voglia di percorrere quella pelle liscia in bella mostra, lasciata scoperta da quel minuscolo costume blu che indossa. Sembra stata mandata apposta dall'inferno per punirmi. Ormai la conosco a memoria e so che lei rabbrividirebbe se solo le sfiorassi le braccia con la punta delle dita.

Mi infilo le mani nelle tasche del costume per impedirmi di toccarla. <<Damon>>, mi chiama dolcemente. Dio, il mio nome sulle sue labbra piene è troppo. Troppo bello. <<Sono qui per te>>.

Mi impedisco di guardarla e fisso un punto per terra. <<Come facevi a sapere dove trovarmi?>>

Fa un passo avanti e il suo profumo arriva come un pugno allo stomaco. Cinque giorni senza di lei. Mi manca da impazzire, cazzo. <<Mi ha chiamato tua madre>>.

Alzo la testa di scatto, preso alla sprovvista. <<Cosa ti ha detto?>>. Fa che non le abbai detto niente del motivo per cui sono qui.

Dopo che ho lasciato incazzato l'ufficio di mio padre, mi sono calmato e sono andato a cercare i miei genitori per pranzo. Abbiamo parlato e abbiamo assunto un nuovo investigatore privato. Siamo in attesa di notizie da qualche ora.

Ho bisogno di sapere. Devo mettere un punto nel mio passato o questo continuerà a presentare il conto alla fine. Non posso continuare a vivere in questo tormento pieno di se e di ma. Voglio le mie risposte. La vita me lo deve.

Scuote la testa. <<Non molto, solo che avevi bisogno di me ma che sei troppo orgoglioso per ammetterlo>>.

Mi scappa un leggero gorgoglio. Sento i muri che ho eretto in questi giorni cominciare a sgretolarsi. Non ce la posso fare. Sento che sto per crollare a pezzi di fronte a lei. <<Goditi la vacanza>>. Mi butto l'asciugamano su una spalla e le volto le spalle.

Ti prego, fermami e abbracciami.

A passi decisi scappo via e Audrey non mi rincorre. Mi incazzo per questo. Rimane ferma e si ributta distesa sulla sdraio, continuando a godersi gli ultimi raggi del sole. Non mi volto a guardarla nemmeno una volta e questo mi costa uno sforzo immenso perché l'unica cosa che vorrei fare è tornare da lei.

Non lo faccio. E per non crollare in un mucchietto piagnucolone a terra, mi reco nella palestra del resort, quella riservata al personale e mi alleno fino a perdere la sensibilità dei muscoli. I pensieri si spengono e riesco a tornare a respirare.

Un'ora dopo, quando sono sfinito e sudato, la realtà mi ripiomba addosso. Cazzo, Audrey è qui. Non voglio mi veda così, non voglio conosca questa parte di me così spezzata. Per lei sono sempre stato il Damon allegro, giocoso che la stuzzicava e la faceva arrabbiare. Il Damon dolce e protettivo. Mai il Damon insicuro, vulnerabile e scontroso.

Dopo una doccia veloce nella mia stanza, mi presento a cena, consapevole che dovrò affrontare Audrey. Sono certo che mia madre l'abbia invitata al nostro tavolo. So che aveva buone intenzioni, ma non avrebbe dovuto intromettersi.

Arrivo in ritardo per la cena e il tavolo è già al completo. Mia madre e Audrey stanno parlando fra di loro, mentre mio padre sta scrivendo un messaggio nel telefono. Spero siano le notizie che stiamo aspettando.

Gli faccio un cenno con la testa prima di sedermi. Lui scuote la testa. <<No, ancora nulla>>, dice.

Mi accascio sulla sedia e bevo un sorso di acqua fresca. Speravo l'avesse trovata. A quanto pare però la mia madre biologica è brava a sparire.

Audrey mi osserva dall'altra parte del tavolo. Nel suo sguardo trovo una miriade di emozioni che le esplodono dentro: tristezza, preoccupazione, affetto, sono quelle che spiccano di più.

<<Cosa?>>, domando bruscamente.

Scuote la testa. <<Niente>>, risponde imbronciata.

Mi rivolgo a mia madre. <<Perchè l'hai chiamata? Se avessi voluto, l'avrei portata con me>>.

Mi rivolgono entrambe un'occhiataccia. <<Damon!>>, mi rimprovera mia madre. <<Non essere scortese. È Audrey, la tua ragazza. Deve essere qui per te>>.

<<Non la voglio qui>>, ribadisco.

Audrey sposta la sedia indietro bruscamente e si alza in piedi. Gli occhi le si riempiono di lacrime, ma da brava combattente qual è non se ne lascia scappare nemmeno una. <<Se è questo che vuoi davvero, allora Damon è finita>>. Si volta e se ne va.

Non la seguo come lei ha fatto con me prima.

<<Sei stato davvero stronzo con lei e puoi dire quello che vuoi, ma so che è ciò che vuoi averla qui>>, dice mia madre seguendo Audrey.

Sbuffo e mi accascio contro lo schienale della sedia. Sento gli occhi di mio padre addosso. <<Cosa c'è?>>, scatto incrociando le braccia al petto.

<<Allontanarla non risolverà i tuoi problemi. Ho visto come la guardi. Tu sei pazzo di lei e non dovresti tagliarla fuori dalla tua vita perché sei spaventato a morte. Su, va da lei e spiegale quello che succede>>.

Mi mordo l'interno della guancia e scuoto la testa. Sto. Per. Crollare. <<No, non posso>>, sussurro arreso.

Mi da una pacca sulla spalla. <<Vai, adesso, figliolo!>>.

Indugio a lungo sulla scelta giusta da fare. Seguire la testa o il cuore? Alla fine mi alzo e vado a cercarla. Il bisogno di lei è più forte di tutto il resto.

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QUALCUNO COME TEWhere stories live. Discover now