3. Gelati indesiderati

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Ischia.
Estate.



Quella mattina papà pulì la piscina a causa della Trubbèja della notte prima — ossia un acquazzone accompagnato da un impetuoso vento. Monica era ritornata presto dalla spiaggia proprio per questo.

Le imposte avevano cominciato a fischiare fortissimo verso le nove di sera, quindi ci barricammo nella Villa e uscimmo fuori solo al mattino successivo.

Il cielo era sereno, il Sole caldo, le nuvole bianche e morbide, ma il giardino era stato capovolto da capo a piedi. Dagli alberi erano cadute foglie e qualche frutto, una tegola della tettoia sulla veranda s'era dissestata.

Monica ne approfittò del bel tempo per riorganizzarsi e uscire di nuovo. Io, invece, mi occupai della pulizia dei vigneti nella parte posteriore della Villa, armata di cappello per non farmi andare troppo Sole alla testa e un cesto di vimini che si riempiva ad ogni passo facessi.

All'ora di pranzo mamma aveva cucinato qualcosa di fresco col basilico, avvisò me e mio padre che si doveva fare la spesa, così mi proposi: «Posso scendere io», sorseggiai dell'acqua gelata.

«Sicura?» Mamma spostò lo sguardo su di me.

«Sì, si sta freschi col temporale di ieri. Mi piacerebbe passeggiare per il paese.» Allungai il braccio per afferrare una mora.

Nel giro di poche ore mi preparai, indossai un vestitino colorato con dei sandali di cuoio e legai i capelli nella mia solita treccia bassa e soffice. Alla spalla appesa una borsa di pezza per mettere dentro la spesa.

Scesi le scale, mi avvicinai al tavolo e su un post-it giallo vi erano segnate tutte le cose da comperare. Sentii i passi frenetici di qualcuno alla mia schiena, «Isa, Isa!» Filo si sbilanciò sui suoi stessi piedi e saltellò per attirare la mia attenzione.

«Dimmi.» Le sorrisi.

«Posso venire con te?»

«L'hai chiesto alla mamma?» Le accarezzai il mento.

«No, ma sono sicura che dirà di sì», dondolò con le mani congiunte.

Sospirai, le tesi il palmo, lei lo afferrò e domandai a mia zia se potesse accompagnarmi. Non ci volle chissà quanto a convincerla ad acconsentire, forse lo fece più che altro per sbarazzarsi dell'insistere di Filomena.

Uscimmo, dunque, di casa che erano le quattro del pomeriggio. Il caldo cominciava a infuocare le vie, anche se placato da un fresco venticello che incombeva nell'ombra. Il cielo era avvolto da un aggroviglio di nuvole e i gabbiani ne sfioravano le vette con le ali spalancate.

Filo mi stringeva la mano e saltellava accanto a me, sul marciapiede. Ci inoltrammo nel centro d'Ischia; i turisti si mischiavano alla gentaglia isolana, bambini in costume per le strade, anziani con la camicia sudata e sandali ai piedi e famiglie armate di passeggini che andavano al mare.

«Dopo prendiamo il gelato?» Indicò una gelateria dalle vasche esposte in bella vista.

«Se ci avanzano i soldi perché no?» Le sorrisi, «Ma prima bisogna fare la spesa.»

Entrammo nel primo mini market che trovai lungo la strada. Le porte erano scorrevoli e l'aria gelida derivata dai frigoriferi dei surgelati aggiunta a quella dei condizionatori sparati a trenta gradi faceva tremare i denti.

Presi un cestino rosso plasticato e Filo trottolava davanti a me fra gli scaffali. Io le dicevo cosa cercare e lei si metteva a studiare ogni prodotto cercando di capire se fosse quello giusto. Dopo venti minuti il cesto era quasi completo delle cose da comprare.

Alla ricerca dell'albaWhere stories live. Discover now