5. Maschere fragili e Mr. Convinzione

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Sei molto più di quello che non dici.




Ischia.
Estate.




Trovavo conforto nello scrivere.

Ma non scrivere fantasie, scrivere storie o i capitoli della vita di un'altra persona.

No, a me piaceva appuntarmi le cose che facevo. Ogni giorno, finita la giornata e sull'orlo del sonno, io scrivevo cos'è che l'aveva segnata. Era un'abitudine presa da bambina, quando alle elementari ci dissero che scrivere un diario era l'ideale per chi non riusciva a descrivere, per chi non riusciva ad usare gli aggettivi nel posto giusto.

E da allora non feci altro che macchiare pagine di diari. Col tempo, infatti, gli aggettivi cominciarono a venire a galla da sé. Forse quello che era più usato era "noioso".

Il primo che imparai, manco a farlo apposta, fu "diverso". Probabilmente perché era quello che mi ero sentita affibbiare più volte.

"Perché hai gli occhi diversi?", questo era quello che sentivo dire dai bambini appena mi si avvicinavano, non "ciao" o "come ti chiami?"

Ero nata con una particolarità che dicevano "rara" solo per farmi sentire speciale e non diversa, che poi è da una vita che li usano come sinonimi. Questa particolarità è nota come eterocromia: un occhio diverso dall'altro. Non che uno fosse più piccolo e l'altro più grande, no. Era l'essenza che cambiava, che era unica.

Un occhio verde e l'altro azzurro.

Poi, con gli anni, nella stessa frequenza dei controlli all'ospedale, il colore cominciava a cambiare più volte. Nell'occhio destro, dove prevaleva l'azzurro, cominciava a spuntare qualche filamento di verde e viceversa, come se si contaminassero a vicenda.

Quando lessi la frase "gli occhi sono lo specchio dell'anima" da qualche parte, capii che anche la mia anima fosse diversa.

Era passata una settimana e qualche giorno da quando ero approdata con la mia diversità su quell'isola. Il tempo sembrava congelarsi all'alba, spesso rimanevo a fissarla dal terrazzo della mia camera.

Da lì, una mattina qualunque, vidi l'ombra indistinta di Elia uscire di casa di corsa, sembrava stesse scappando via, sembrava affrettato.

Le giornate, d'altro canto, continuavano il loro scorrere nella medesima quotidianità.

Sul mio diario raccontavo le stesse cose, nonostante sapessi risultasse noioso, ma non potevo perdere manco una giornata, non mi era permesso, non era da me.

Quando capitava di intravederlo da lontano, scrivevo: "Oggi ho visto Elia, be' non visto propriamente, da lontano. Tornava da mare, secondo me, o forse da qualsiasi altra parte che non fosse 'sta collina."

Poi passavo le ultime ore solari a leggere qualcosa di Montale. Dopo cena, invece, mi appisolavo sulla sdraio in giardino e, con una ciotola di frutta, scrivevo versetti su pezzi di carta con una matita sgretolata.

Monica stava per uscire, indossava un bel vestito che le metteva in risalto le gambe slanciate. In una mano il cellulare e nell'altra la borsetta.

Alla ricerca dell'albaOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz