15. I miracoli esistono

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Per tutti coloro che si sentono antichi nell'amare.
Amiamo tutti in maniera diversa, non abbiate timore di mostrarvi per ciò che siete.
La vostra capacità d'amare non è banale.
♥️


Ischia.
Estate.



Non so come riuscii a convincere i miei e me stessa ad andare a quella "serata". Monica non perse tempo: mi tirò nel bagno di camera sua e cominciò ad agghindarmi tutta.

Mi fece provare una ventina di vestiti che erano o fin troppo scollati o fin troppo corti. Alla fine mi feci andare bene una gonna verde smeraldo e una magliettina a costine bianche. Nonostante mi sentissi che quella non fosse la cosa giusta da fare, decisi di non rimuginarci troppo. Mi fidai di mia sorella e del suo buon gusto.

Mi ritrovai, nel giro di pochi minuti, fuori casa di Elia, seduta sulla sella del suo motorino a guardare le mie unghie smaltate ancora di rosa che dondolavano a qualche centimetro dal terreno.

Quando sentii il rumore del cancello arrugginito fu automatico voltarmi, ormai abitudine.

Elia, nell'aggiustarsi i capelli, alzò il mento e, inevitabilmente, i suoi occhi caddero su di me. Sorrisi impacciata, lui fece lo stesso.

Rallentò il passo con entrambe le mani infilate nelle tasche, assottigliò le palpebre. «Pensavo non volessi venire...»

«Sorpresa...», mugugnai, facendolo ridere leggermente.

«Okay, sorpresa gradita.» Annuì, sfilando le chiavi da una delle tasche, «Non mi dire, però, che ci vieni solo perché non vuoi vedermi con altre ragazze», nell'infilare le chiavi nel quadretto, il suo mento mi sfiorò la spalla e i suoi occhi sembravano così vicini da non essere reali.

Io alzai le sopracciglia, gli angoli della bocca un po' sollevati. «Ci vengo perché mi annoio, stupido. E poi sei stato tu a invitarmi.» Precisai.

Elia si issò nuovamente, di fronte a me, petto ampio e sorriso sghembo. Mi afferrò la punta del naso tra le dita: «Vedi che ti cresce se dici troppe bugie.»

Spinsi via la sua mano, «Sei così sicuro di te da essere insopportabile.»

Elia scosse il capo, mi infilò il casco e lo allacciò: «Isa, Isa, Isa...», sospirò, «Dimentichi che io riesco a leggere quello che dice la tua faccia.»

«In questo momento cosa dice?» Incrociai le braccia al petto e i miei occhi non lasciavano tregua ai suoi. Finimmo a guardarci senza riuscir a smettere di sorridere come degli ebeti.

Lui si torturò il labbro inferiore con il pollice e l'indice e poi, con un cenno del mento, asserì: «Vediamo...», inclinò il viso, «Dice che sono bello da togliere il fiato.»

Sbuffai. Le mie orecchie andarono a fuoco. Smettila di guardarmi così. «Errato.» Strinsi le labbra, «Ritenta.»

«Ehm...», mormorò, «Dice che stanotte mi hai sognato.»

Negai col viso, «Dice che sei un pallone gonfiato. Adesso la finisci di fare il cretino?»

«Come siamo acide stasera», ridacchiò, infilandosi il casco e sedendosi davanti a me. Aspettò che io appoggiassi le mani sui suoi fianchi prima di togliere il cavalletto, «Ci sei?»

«Sì.»

Percorremmo alcune strade che già conoscevo, poi intraprendemmo un vicolo che non avevo mai visto, completamente buio. Seguii con lo sguardo la Luna sopra di noi, assieme alla sua cascata di stelle.

Mentre lui sistemava il parcheggio, io mi sistemai la gonna sul perimetro delle cosce e strofinai la mano sul braccio per impedire che l'umidità collosa s'infiltrasse nelle ossa.

Alla ricerca dell'albaWhere stories live. Discover now