37. Albori

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Sinonimi di "Iniziare":
inizio, nascita, origine, primordi, principio e alba.

Roma.
Inverno.



Furono settimane strane, sinistre, inusuali.

Sentivo come se qualcosa dentro di me fosse cambiata.

Ebbi l'influenza che mi impedì di fare qualsiasi cosa: febbre alta, mal di gola, forti nausee e dolori ovunque. Leonardo mi accompagnò dal suo medico di famiglia, uno che si fa rispettare — come diceva lui —, poi andò a lavoro ed io aspettai il mio turno nella sala d'attesa.

Lessi il messaggio di Elia.

"Fammi sapere tutto, chiamami se ne hai la possibilità. Non farmi preoccupare."

Sorrisi e gli risposi: "Tranquillo, sarà una sciocchezza. Ti chiamo appena esco."

Inviai il messaggio nello stesso momento in cui uscì una segretaria a chiamarmi per entrare. Presi la borsa e il cappotto e mi diressi dentro lo studio.

Il dottor Pellegrino si portò lo stetoscopio attorno al collo e sospirò, riavvicinandosi alla scrivania, sedendosi e scrivendo qualcosa al computer. Lo fissai confusa, «Stai organizzando per il matrimonio?»

Abbassai lo sguardo, forzai un sorriso e annuii, «È un periodo incasinato.»

«Capisco, tra qualche giorno è pure Natale, capisco quanto sia complicato pensare a tutto in questi giorni...»

Annuii, poi, in un mormorio, chiesi: «Allora?», accavallai le gambe.

«È tutto regolare», mormorò, incrociando le braccia al petto, aprendo la mia cartella clinica, «Solo che dovresti prendere in considerazione l'idea di fare un test di gravidanza.»

Test di gravidanza.

Quella fu la prima volta che sentii quella parola entrare nella mia quotidianità. Il mio cuore perse un battito e subito dopo accelerò ferocemente. All'improvviso ogni cosa attorno a me sembrò inutile, ogni singola cosa.

«Come, scusi?»

Il dottore mi guardò da sopra gli occhiali, corrugando la fronte. Si aspettava che lo avessi previsto, si aspettava che fosse normale per una coppia avere un figlio prima del matrimonio. Ma quella, per me, era la cosa più sbagliata del mondo, perché quel figlio non era del mio vero e ufficiale marito.

«Sì, quelli che hai sono sintomi di una gravidanza. Pensavo ne fossi già a conoscenza...»

Mascherai quell'espressione di preoccupazione che avevo stampata in viso e annuii, «Sì, ma certo... allora, grazie, dottore.»

Mi affrettai ad affrontare quella cosa.

Era successo tutto così in fretta che non sapevo nemmeno cosa stessi facendo. A piedi, mi diressi verso la prima farmacia lungo il tragitto. Non potevo essere incinta davvero, non in quel momento, non in quelle circostanze.

Comprai il test. Chiamai Iole, con l'angoscia a salire nel petto. «Pronto?»

«Ciao», risposi, monocorde.

«Ciao, Isa! Mi manchi qui a lavoro. Quando posso passarti a trovare?» Domandò, euforica.

«Possiamo vederci tra dieci minuti?»

«Dieci minuti?», ripetette, «Perché? È successo qualcosa?» La sentii andare in panico.

«No, no. Niente di grave. Ci vediamo al solito bar, ti va?»

Alla ricerca dell'albaWhere stories live. Discover now