26. L'abbiamo scoperta noi, Ischia

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"Everything that kills me makes me feel alive."
— Counting Stars, OneRepublic.


Ischia.
Estate.




Restai con Elia per parecchio tempo, fingendo non fosse successo niente e fingendo che oltre il portone di casa di nonna Silvia non ci fosse il mondo da affrontare.

Silvia mi fece vedere l'album delle foto di Elia da bambino, nonostante il diretto interessato avesse da ridire.

Sfogliai le pagine, assaporando ogni fotografia, rendendomi partecipe di quei ricordi mentre sorseggiavo dalla tazzina il caffè.

E, quando nonna Silvia si recò in camera a riposare e, tra le vie, si diffuse il rumore rincuorante di musica, sentii il dovere di andare.

«Ti posso chiamare?», chiesi, all'uscio della porta.

«Sì, certo che puoi.» Si appoggiò allo stipite, sorridendomi lentamente. «E scusami se ti ho creato problemi con...»

I tuoi.

«No», negai, «Alcun problema. Avevo promesso a tua sorella di darle notizie, non posso ignorare quello che c'è a casa mia, pur volendo.» Strinsi le labbra.

«Hai ragione. Non ti voglio trattenere ancora. Aspetto la tua chiamata, allora», mormorò.

Annuii, «Ciao, a dopo», mi sollevai in punta di piedi, facendo sciogliere le mie labbra sulle sue.

Quando ritornai coi talloni per terra, Elia mi scrutò e, in un mezzo sorriso, mi diede l'ultimo bacio. «Ciao.»

Una volta tornata alla Villa con Monica — che era andata a recuperare la macchina al cimitero —, i miei mi guardarono senza proferire parola. Leggevo delusione nei loro occhi, come se non mi riconoscessero più.

Feci per salire le scale, ma Filomena corse verso di me, abbracciandomi il collo.

«Ehi!», ridacchiai, stringendole la schiena.

«Dove sei stata? Mi sei mancata tanto», disse, spostandosi la frangia da davanti agli occhi.

«Ho avuto da fare.»

«Ilaria è andata via poco fa, ha mangiato con noi, era molto triste», mi informò, con un leggero broncio dispiaciuto.

«Ah, sì? Ti ha detto qualcos'altro?»

Scosse il capo, «Solamente che aveva paura.»

Dopo aver lasciato andare Filomena, dicendole di andare a giocare, mi avvicinai ai miei in salotto.

Mi schiarii la voce, infilando le mani nelle tasche dei jeans e guardando il camino incenerito. «Scusate.»

Papà alzò lo sguardo dal giornale, «Oh, quindi ti ricordi che esistiamo?», lo ripiegò sulle ginocchia, «Ma sai che c'è? Fai quello che vuoi, Isabella, ormai sembra parlare con un muro. Vuoi rischiare? Rischia, ma se finisce male, noi non ci saremo a dirti che andrà tutto bene.»

Guardai prima papà e poi mamma, inespressiva. Annuii, bagnandomi le labbra, «Volevo ringraziarvi per Ilaria. Per il resto va bene così.»

Fu mamma a parlare: «Lo avevamo intuito che non ci fosse una situazione tranquilla, non credere che non siamo umani, anche noi cerchiamo di aiutare chi ne ha bisogno.»

«Non ho mai pensato che voi non foste umani. Penso solo che non riuscite a vedere oltre le apparenze. Con Elia sto bene, e non è un male. Che vi importa se finirà? Lo so che finirà, ma possiamo fingere che io sia una normale ragazza che cerca esperienze nuove?» Alzai le braccia a mezz'aria, stanca persino di ripetere quel discorso.

Alla ricerca dell'albaWhere stories live. Discover now