24. Cosa è successo il quattro luglio?

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"Did you get enough love, my little dove
Why do you cry?
And I'm sorry I left, but it was for the best
Though it never felt right
My little Versailles"
— Fourth of July, Sufjan Stevens.

🔴 Bollino rosso.
Questo capitolo tratta temi pesanti, siate responsabili di ciò che leggete.

Dedico questo capitolo a tutti coloro che si sono persi, che non sapevano più chi fossero e non avevano la forza di guardarsi allo specchio e amarsi.
Siete essenziali per il mondo.



Ischia.
Estate.


Erano le quattro del mattino ed io non avevo chiuso occhio. Avevo passato la notte con le cuffiette nelle orecchie e con mille pensieri a rovinarmi, a mangiarmi viva.

Era andato tutto a pezzi, tutto per colpa mia.

Avevo intenzione di non alzarmi manco sotto tortura, avrei preferito morire lì, in quel letto, su quell'isola.

Finché, di soppiatto, entrò Monica in camera, assonnata e mezza sbronza. Mi tolsi una cuffia dall'orecchio: «Che cavolo vuoi?», sussurrai, asciugandomi una lacrima.

«Sei sorda? C'è una bambina che sta gridando da mezz'ora il tuo nome. In questa villa non si può dormire in pace manco di notte, che cazzo.» Sbottò, per poi ritornare in camera sua.

Mi accigliai, mettendo i piedi fuori dal letto.

«Isa!»

C'era veramente una bambina che urlava, e pure in maniera disperata.

«Isa!»

Al secondo urlo capii si trattasse di Ilaria. Immediatamente infilai le ciabatte e uscii di camera mia per arrivare in giardino e scoprire che fossero scesi anche i miei e i miei zii.

Quando si girarono a guardarmi mi resi conto delle condizioni in cui ero. Ilaria era in braccio a mia zia che piangeva, voleva raggiungermi.

«Ila...», sussurrai, prendendola tra le mie braccia.

La piccola si attaccò alle mie spalle in un abbraccio talmente forte da farmi prendere un respiro profondo. «Isa», disse tra un singhiozzo e un altro.

«Aspetta, bevi un po' d'acqua...»

Zia corse subito in cucina a prenderle un bicchiere. Mi sedetti su una sedia, lontana da tutti. Mi domandai perché non mi fossero venuti a chiamare loro invece che Monica.

Aspettai di chiederle qualcosa e, solo dopo aver bevuto e smesso di piangere rovinosamente, mi guardò con gli occhi più asciutti. Indossava il piagiamino.

«Elia

Disse soltanto, catturando tutta la mia attenzione. «Cos'è successo?»

«Ha litigato con papà. Quando...», le diedi un bacio mentre cercava di non piangere, «La casa è ancora tutta in disordine. Mamma ha portato me e Flavio in camera da letto perché papà sanguinava e... ed Elia non c'è, non torna più, ho paura che sia andato via.» Pianse più forte, abbracciandomi d'istinto, «Mamma continua a piangere, papà sta urlando ancora e Flavio si è chiuso nel bagno. Io sono scappata perché non so con chi stare, voglio Elia, ma non torna e tra poco fa giorno.»

Non so come in quel momento riuscii a non piangere. Le massaggiai la schiena, accarezzandole i capelli arruffati e mossi. La cullai piano, sussurrandole che sarebbe andato tutto bene.

Mi alzai, rientrando in casa e ignorando le domande di tutti. La portai in camera mia, facendola stendere sul mio letto. «Prendi», le passai l'MP3, le rimboccai le coperte, togliendole delle ciocche dalle guance. Sperai potessero calmarla, «Puoi restare qui. Io vado a cercare Elia, okay?»

Alla ricerca dell'albaWhere stories live. Discover now