30. Tribunale d'amore

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"And I want to talk about that
And for the first time
What's past is past."
— Begin Again, Taylor Swift.


Roma.
Autunno.




Una volta tornata a casa, rifugiata sotto le lenzuola, accanto a Leonardo che già russava, aprii il computer per cercare il giornale universitario.

Fu lì, in una pagina dedicata interamente agli studenti, che scoprii del percorso di Elia. Lo avevo intravisto in alcune foto e, addirittura, c'erano alcuni articoli dedicati a lui, uno intitolato: "Abbiamo l'Einstein dei nostri tempi alla Sapienza?", dove si elencavano tutte le sue peculiarità.

Sfogliai persistentemente le pagine bianche che mi illuminavano il viso dal display, finché il rumore della mia suoneria mi fece sobbalzare.

Accesi il cellulare e notai un messaggio da parte di Iole.

"Domani caffè al bar. Alle 10:15, puntuale. Voglio sapere tutto quello che c'è da sapere."

Spensi nuovamente il cellulare e fissai pensierosa i vari articoli che avevo aperto, pensando fossi uscita fuori di testa. In basso a destra, sbucò una notifica indirizzata da un utente.

Ci cliccai sopra, scoprendo fosse proprio Elia. Guardai Leonardo di sbieco, abbassai la luminosità e mi decisi a leggere il messaggio.

"Ciao, so che probabilmente non ti aspetterai di ricevere messaggi da me e che starai dormendo, ma è da quando sono tornato a casa che non smetto di pensarti. Non voglio scombussolarti la vita se hai già tutti i tuoi piani, non ne ho il diritto, ma vorrei solo sentirti più spesso, per sapere come stai o per un caffè. Penso che tu lo sappia meglio di me che se oggi ci siamo rivisti non è una coincidenza.
Fatti viva, a presto."

Lessi quel messaggio circa trenta volte. Quella notte non riuscii a chiudere occhio. Mi svegliai giusto in tempo per prepararmi per l'appuntamento con Iolanda.

Raggiunsi il bar dove io e la mia amica eravamo abituali clienti, a pochi metri da casa mia, nel quartiere Parioli. La aspettai ordinando subito un té caldo, seduta al nostro solito tavolo.

Iole giunse in ritardo di tre minuti, si tolse gli occhiali da sole e poggiò in fretta la borsa sulla superficie del tavolo. «Buongiorno.»

«Buongiorno», sorseggiai il mio té.

«Questo appuntamento già sappiamo a cosa serve, vero?», domandò in maniera retorica.

«In realtà, no.»

«Vorrei sapere cosa è successo ieri sera, vorrei sapere perché sei scomparsa per più di mezz'ora e, soprattutto, chi sei e che ne hai fatto della Isabella che conoscevo prima di ieri sera.» Farneticò velocemente, il cameriere, Simone, si avvicinò per prendere l'ordine di Iole, non gli diede nemmeno il tempo di aprire il taccuino: «Il solito caffè macchiato.»

Simone andò via nuovamente, lasciando me e Iolanda in un imbarazzante silenzio colmo di sguardi di contesa.

«Non so di cosa tu stia parlando.» Risposi, fingendo.

«Smettila di far finta di niente. Voi vi conoscevate già da prima di ieri. Voglio sapere come e perché. E non azzardarti ad usare scuse, perché è da quando è salito su quel palco che muoio dalla voglia di sapere cosa è successo tra di voi, perché qualcosa è successo», non si fermò un attimo, facendomi rincitrullire, «Non mi avevi mai detto di aver avuto altri fidanzati prima di Leonardo, né di aver frequentato qualcuno.»

Affogai il mio malessere nel té, sotto i suoi occhi scuri e scrutatori che mi incitavano a sputare fuori il rospo. In quel momento capii cosa provavano gli imputati all'interrogatorio.

Alla ricerca dell'albaWhere stories live. Discover now