16. Cerasì

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Ischia.
Estate.



Non ebbi alcun contatto con Elia per giorni interi.

Non che me ne importasse molto, eh, però, in ogni modo, mi preoccupò. Quando mi affacciavo la sera, come ogni altra sera, di solito lo vedevo uscire a buttare la spazzatura o fumare qualcosa, ma in quei giorni – 8 precisamente – di lui nemmeno l'ombra.

La cosa mi straniva parecchio. Tutto, però, si risolse quando, durante una delle mie lettura serali, notai che il suo motorino non era parcheggiato al suo solito posto – sì, i miei occhi non seguivano molto le righe del libro –. Decisi, quindi, di precipitarmi in giardino con una sedia di plastica, una coperta e un cuscino, all'insaputa dei miei, per aspettare qualche movimento sospetto.

Avevo provato a ricavare informazioni persino da Filomena, che chiedeva ad Ilaria, ma le risposte erano prive di significato.

Avevo bisogno di qualcosa di concreto.

Furono delle ore strazianti: fredde ed eterne. Fin quando il rumore di una marmitta familiare mi fece alzare il mento e sollevare le palpebre assonnate.

Da lontano vidi i fari del motorino accesi. Mi strofinai gli occhi e lo intravidi tra la coltre di ciglia. La figura alta di Elia, dopo essersi tolto il casco, si era accomodata sulla sella in procinto di fumare una sigaretta. Metà della sua figura era avvolta dall'oscurità.

Mi alzai. Cercai di aprire il cancello senza fare troppo casino. Con le braccia incrociate decisi di avvicinarmi a passo lento, forse anche un po' provata dal sonno.

Quando gli fui abbastanza vicina, Elia mi notò. Si tolse il mozzicone dalle labbra e si portò una mano al petto: «Cristo, ma sei impazzita?», sbottò, sforzandosi a non urlare. «Ti sembra una cosa da fare all'una di notte?»

«Ciao anche a te.» Brontolai senza muovere muscolo. Elia mi fece un cenno del capo e tirò dalla sigaretta. «Che fine hai fatto?»

Non rispose. «Di solito non dormi a quest'ora?»

«Poi sarei io quella a non sapere rispondere alle domande.»

Lui mi scimmiottò. «Non ti reggi in piedi, va' a dormire.»

«La smetti di trattarmi come se fossi tua sorella?» Lo dissi senza rifletterci, Elia non ribatté tuttavia. «Non ti sei degnato di farti sentire nemmeno per scherzo.»

«Sono state giornate un po' così...»

«E ho notato che non c'era il tuo motorino e così ho aspettato che tornassi.»

Lo sguardo di Elia si fece più limpido, trasparente e morbido. «Hai aspettato che tornassi?»

«Sì, idiota...» Mormorai, «In giardino, al freddo.»

«Dovrei scusarmi?»

«Sei in vena di fare lo spiritoso?» Alzai le sopracciglia, «Perché sono state giornate un po' "così"?» Continuai, sapendo che tartassarlo di domande, forse, avrebbe tratto una conclusione plausibile.

«Vari cazzi.» Mi accigliai. Lui trattenne un sorriso. Mi fece piacere. «Vari problemi miei.»

Annuii, «Di cui non vuoi parlare, vero?»

Alla ricerca dell'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora