23. Colorare i sentimenti - Pt. 2

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Ischia.
Estate.




Il tintinnio dei bicchieri risuonava in una sinfonia studiata, il silenzio non esisteva a causa dei bambini che dicevano sempre qualcosa — anche di insensato —, mio zio e mio padre discutevano a sfinimento sulle partite della Champions e mamma e zia che provavano a convincermi ad acquistare un abito in una boutique vintage per la festa che faremo prima di andare all'università.

«Mamma, manca ancora un mese, possiamo non pensarci?» Borbottai infastidita.

Inizialmente poteva anche entusiasmarmi l'idea di organizzare già tutto per l'inizio di una nuova esperienza, ma, lì, con Elia seduto vicino a me, niente mi entusiasmava meno dei progetti che riguardavano la vita che avevo lasciato a Roma.

«Vedi che agosto corre veloce e senza rendertene conto ti trovi alle porte della Sapienza.»

«Sapienza?»

La voce di Elia mi fece voltare rapidamente, i suoi occhi erano già fossilizzati su di me. «Sì.»

Anche quando mia madre gli fece una domanda, Elia rimase a guardarmi pensieroso.

Solo quando io mi accigliai confusa, lui rispose: «Come?»

«Tu che cosa farai a settembre?»

Adesso, Elia, aveva l'attenzione di mio padre e del resto del tavolo. Filomena e Valerio mangiucchiavano ancora delle nespole.

«Io sinceramente non lo so», fece spallucce, togliendosi un riccio da davanti agli occhi e sporgendosi con i gomiti sul tavolo.

«Non lo sai?» Ripetette papà.

«No», continuò, con una strafottenza velata, che poteva irritare se non lo si conosceva, ed io lo conoscevo e sapevo che quel suo modo d'essere non era maleducato, tutt'altro. Era carismatico.

Quello era ciò di cui ero più gelosa, perché era quello che mi attraeva di lui: rendeva tutto quello che diceva interessante, aveva qualcosa di magnetico e strenuamente accattivante nel modo in cui si muoveva, in cui articolava, in cui ascoltava.

Mi piaceva per questo, perché era la persona più intelligente che io avessi mai conosciuto.

«Che istituto hai frequentato?»

«Il liceo statale. Indirizzo delle scienze applicate, no latino per me», prese un sorso d'acqua.

Mi vergognai nel rendermi conto che loro ebbero la mia stessa reazione della prima volta che lo scoprii io. Mangiati, rovinati dai pregiudizi.

Filo diede voce ai miei pensieri, «Ve l'avevo detto che fosse un genio.»

Ridacchiai ed Elia le fece un occhiolino di ringraziamento.

«Be'», iniziò mamma, «Allora dovresti avere una marea di opportunità davanti, o no?»

«Sì, quelle ci sono, anche troppe. Sono io che sono confuso e non so minimamente cosa fare del mio futuro.» Mormorò, sincero.

«T'è andata bene la maturità?», chiese zia, genuinamente interessata.

«Mh-hm.»

«Con quanto sei uscito?», chiese papà.

Elia si inumidì il labbro inferiore, curvò gli angoli verso il basso con un'espressione di sufficienza: «Cento.»

Sbuffai in una risata. Ad Elia venne spontaneo sorridere nel girarsi a guardarmi. Io lo scrutai con le sopracciglia sollevate, «Non fare il modesto.»

Alla ricerca dell'albaKde žijí příběhy. Začni objevovat