CAPITOLO 8

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Mentre Amos attraversava il Brums a passo deciso, la sua mente si tormentava al ricordo del ritrovamento di quel giorno. Era talmente incazzato che a forza di stringere i pugni le nocche si erano visibilmente sbiancate.

La gente del locale ballava felice e ignara di quello che gli capitava attorno. La maggior parte di loro erano stupidi umani convinti di avere il mondo ai propri piedi. I rari che conoscevano l'esistenza dei mannari, faticavano comunque ad accettarlo. Come se il mondo non potesse essere anche d'altri se non solo della loro razza.

Con una spallata Amos si fece un varco tra la folla e quando un tizio si voltò per dirgli qualcosa, istintivamente il mannaro ringhiò facendolo desistere da qualsiasi iniziativa goliardica.

Non era il caso di provocarlo. Non quella sera.

Quando raggiunse la zona privè, Duba e Niro lo stavano aspettando con una distesa di birre. Alcune già terminate, altre solo per lui.

Amos si lasciò sfuggire un sorriso. «A cosa devo questo piacere?»

Duba alzò una bottiglia di birra e gliela passò. «Mi hanno detto che hai avuto una giornata pesante, fratello.»

«Una delle più grandiose giornate di merda.» Si allungò afferrando la birra e ne tracannò il contenuto.

Prima di sedersi passò a rassegna la gente che quella sera popolava il locale. Ora che nella mente aveva impresso l'odore di quei figli di puttana, non gli sarebbero passati inosservanti nemmeno in mezzo a tutta quella folla. Nessuno uccideva un pardo e restava in vita abbastanza a lungo da raccontarlo.

Si lasciò svogliatamente cadere sulle poltroncine del privè. «Hai detto che hai uno dei tuoi nella polizia, vero?»

Duba alzò gli occhi dalla sua birra. «Sì, fratello. John Carter. È uno del mio branco.»

Amos annuì fissando il vuoto davanti a se. Nel suo branco non c'era nessuno che lavorasse nella polizia. «Ti ha detto qualcosa di nuovo?»

«A parte che hanno trovato un altro leopardo mannaro nel bosco? No.»

Il pasura strinse con rabbia la bottiglia di birra. «Non sono dei cazzo di cacciatori normali, D.»

Duba si fermò con la bottiglia sospesa a mezz'aria e si voltò a guardare l'amico. «Che vuoi dire?»

Amos estrasse una sigaretta dal pacchetto. Se la accese aspirando diverse boccate di fumo prima di rispondere alla tigre mannara. «John non ti ha detto come lo hanno ridotto?»

Sul volto di Duba si dipinse un'espressione arrabbiata. «Sì, amico. Me lo ha detto.»

L'altro per la rabbia strinse con forza la sigaretta fra i denti e contemporaneamente la birra fra le mani. «Lo hanno mutilato, capisci?» Non riuscì a trattenere il ringhio che nonostante la bocca chiusa riecheggiò in tutto il privè. «Mutilato. Come una bestia.» La collera era così intensa che serrò con violenza la birra e questa gli esplose tra le mani. Prontamente allargò le gambe per evitare che il liquido gli colasse sui pantaloni nuovi. Si ritrovò a stringere i cocci della bottiglia con furia, il sangue colò in terra mescolandosi al fluido alcolico sul pavimento del locale.

Fanculo anche ai tagli.

Avrebbe trovato quei bastardi ad ogni costo. Li avrebbe stanati dal primo all'ultimo e si sarebbero pentiti per ciò che avevano fatto. Oh, cazzo... se si sarebbero pentiti.

Niro allungò una mano e gli diede una pacca sulla spalla. «Ehi, bello... se ti serve una mano a sbranarli, siamo qui.»

La giovane tigre mannara, era come gli altri due un tipo dalle poche parole. Faceva parte del branco di Duba e da sempre era stato un tipo schivo ma dopo la morte del fratello, questo suo lato di se si era accentuato molto.

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