CAPITOLO 36

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Damian appoggiò la mano sulla schiena dell'ultimo pardo che stava uscendo da casa sua, in segno di saluto. Un saluto fiacco e stanco, sfibrato dalla discussione accesa che pochi minuti prima era insorta e soprattutto un po' scoraggiato.

La sua gente aveva capito il problema e accettava le varie imposizioni momentanee che aveva dovuto imporre, tuttavia quella situazione lo mandava in crisi. Gli sembrava di esser finito in un gigantesco buco nero senza uscita. Non riusciva a trovare soluzione adeguata per quello che stava succedendo nel territorio presieduto anche dal suo branco.

Sospirò stancamente, voltandosi verso gli ultimi rimasti: i suoi pasura. Quella sera avevano dato forte dimostrazione di fedeltà, soprattutto Amos, che gli era rimasto affianco e lo aveva sostenuto moralmente e a parole anche quando la situazione si stava surriscaldando.

Di litigi quella sera ne erano fioccati a palate ma Amos era riuscito – cosa bizzarra per uno come lui – a sedarli tutti.

A volte Damian si rendeva conto che i propri pardi non erano avvezzi a situazioni difficili, non le comprendevano. Troppo abituati ai periodi di pace e tranquillità, non riuscivano a entrare nell'ottica della minaccia. E questo era rischioso. Se avessero sottovalutato la situazione questo avrebbe portato grossi pericoli per tutti loro.

Si sfilò gli occhiali, stropicciandosi stancamente gli occhi. «Grazie, ragazzi. Questa sera siete stati di enorme aiuto.»

Glenn sorrise sornione. In verità lui non aveva fatto niente se non annuire, però il capo apprezzava comunque l'impegno. Almeno aveva partecipato alla riunione, non come qualcun altro.

«Credi che non sia venuta per la strigliata dell'altra sera?» domandò Damian ad Amos, riferendosi a Victoria.

La ragazza non si era presentata alla riunione e il Mithpala ci era rimasto sinceramente male, dato che pensava di aver chiarito con lei. Ma soprattutto perché sperava in un riavvicinamento. Si aspettava che Victoria si sarebbe impegnata con più serietà nei confronti del branco e invece, anche quella sera, aveva dimostrato quanto poco gliene fregasse.

Non voleva ammetterlo ma sentiva che la stava perdendo, che si stava allontanando. La sua cocciutaggine unita al suo ego e alla sua immaturità stavano mettendo a serio pericolo la sua permanenza nel branco. Braden, il fratello, era venuto. Lo aveva avvicinato prima dell'inizio della riunione per chiedergli della sorella ma lui non aveva saputo rispondergli. Lei non rendeva conto nemmeno alla famiglia di ciò che faceva.

«Può essere, lo sappiamo com'è fatta.» Amos sfilò una sigaretta dal pacchetto, infilandosela a fior di labbra ma senza accenderla.

Damian sospirò. Sapeva perfettamente le reazioni esagerate di Victoria e sapeva che dopo quella spiacevole chiacchierata, ci avrebbe rimesso molto tempo prima di riuscire ad avvicinarla ancora. Eppure fino all'ultimo aveva sperato che questa cosa le servisse da lezione.

Corey si sporse verso la porta e mettendosi il giacchetto sulle spalle fissò gli altri tre. «Io smammo. Savara mi starà aspettando sveglia.»

Gli occhi di Damian si addolcirono e sorrise gentilmente. «Come sta?»

Corey gonfiò il petto, tronfio. Si sentiva così fiero e orgoglioso della sua Savara, la femmina più bella e dolce di tutto l'universo per i suoi occhi colmi di amore. Per lei sarebbe andato in capo al mondo se solo gliel'avesse chiesto. «Manca pochissimo, infatti tra due giorni ha raggiunto il termine.» Si passò una mano nei capelli e sorrise. «Sono così agitato.» ammise.

Damian gli assestò una pacca di incoraggiamento. «Vedrai che sarai un ottimo padre.»

Le gote di Corey divennero rosso fuoco, farfugliò qualcosa e sollevò le spalle. «Ci si vede, belli.» Uscì dirigendosi verso il proprio fuoristrada. I suoi passi nell'erba echeggiarono rumorosamente. Aveva appena finito di piovere e il terriccio era fangoso.

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