CAPITOLO 24

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Marlene aveva passato una notte pressoché insonne. Il letto di Amos era gigantesco ma molto duro e lei continuava a non sentirsi a proprio agio per via di tutta la situazione che tra loro si era creata.

Aveva passato per lo più il tempo a tergersi la ferita alla caviglia e quella al labbro. Si erano quasi del tutto cicatrizzate, i tagli ora erano meno profondi ma ogni tanto se faceva qualche movimento troppo azzardato, riprendevano a sanguinare.

Si era addormentata a notte fonda e si era alzata prestissimo. Aveva optato per una doccia veloce senza neanche bagnare i capelli, e visto che i vestiti erano pieni di terriccio ma soprattutto rotti e inutilizzabili si era permessa di fregare una camicia di Amos da uno dei suoi cassetti. Una volta indossata si era praticamente resa conto che le fungeva da vestito tant'era grande. Le arrivava fino alle ginocchia.

A quel punto, si guardò nella stanza pensando a come sarebbe potuta uscire senza destare troppo nell'occhio. Casa di Amos non era molto lontana da casa sua, con un taxi sarebbe tornata al suo appartamento entro breve. Non voleva scomodarlo anche quella mattina per scarrozzarla in giro. Già era stato molto generoso ad offrirle l'unico letto della casa ripiegando per il divano.

Così, quando si era reputata presentabile, aveva aperto la porta della camera ed era uscita di soppiatto ond'evitare di svegliare il pasura nel caso ancora dormisse.

Peccato che Amos fosse già sveglio, tutto intento a preparare la colazione per entrambi. Lui non era un tipo che si concedeva troppo tempo per sé, infatti consumava pasti veloci e semplici però quella mattina aveva un ospite e non poteva offrirle una semplice tazza di caffè.

Quando Marlene aprì la porta, il suo naso intercettò un buonissimo odore di bacon cotto, uova, pancake... insomma, qualcuno si stava veramente impegnando ai fornelli.

Si mosse quasi in trance, attirata da quegli odori così deliziosi e raggiunse scalza la cucina.

Amos era di schiena, stava spadellando i pancake facendone due pile. Sopra ci versò dello sciroppo d'acero. Sembrava a proprio agio in quei gesti abitudinari. Non indossava altro se non dei pantaloni di una tuta che raramente aveva usato. La teneva in caso non fosse libero di poter dormire nudo come solitamente faceva.

Non appena però la fata entrò nella stanza il pasura si irrigidì. Il profumo dolce e persistente mischiato al proprio odore lo atterrì costringendolo a bloccare qualsiasi cosa stesse facendo per aggrapparsi al bancone della cucina. Era ancora voltato ma non aveva coraggio di girarsi. Qualsiasi cosa avesse fatto Marlene, era intrisa del suo odore. Indossava qualcosa di suo... non poteva essere altrimenti.

Si morse il labbro cercando di ricacciare indietro tutti i malsani pensieri e come sempre, si accorse che il suo uccello si era prontamente svegliato per dargli il buongiorno. Un brivido lo scosse interamente.

«Caspita, ma quanta gente deve venire a far colazione?» domandò lei, ironicamente.

Amos inspirò a fondo e fu peggio. I loro odori mischiati gli incendiarono le narici. Gli occhi gli divennero immediatamente gialli. La bestia si era svegliata, insieme alla sua palpitante erezione. «Non sapevo cosa ti piacesse... così ho fatto tutto.» Le disse, evitando ancora di voltarsi.

Non gli era mai capitato con nessun'altra femmina d'aver così poco autocontrollo con la sua parte animale. Sembrava quasi che la bestia scalpitasse per uscire e star in compagnia di Marlene. Se da un lato poteva essere eccitante, dall'altro temeva che fosse il preludio di qualcosa di estremamente pericoloso.

«È tutto okay, Amos?» domandò lei, accorgendosi che non accennava a voltarsi.

A sentirla pronunciare il suo nome, il pasura fu colto da un tremore. I muscoli delle spalle vibrarono di tensione. Il bancone della cucina scricchiolò sotto la sua stretta. «Non proprio.»

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