CAPITOLO 46

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Il Desmo aveva aperto i battenti per la prima volta quella notte, la fila fuori lasciava presagire il pieno. Il posto sembrava gremito di persone euforiche pronte a divertirsi, sballarsi e magari far nuove conoscenze. Amos era rimasto in fila per oltre un'ora e ora che era entrato si fissava attorno con un'espressione corrucciata e non del tutto convinta. Non c'era nulla di diverso in quel locale che il Brums già non avesse o che non avesse proposto ai propri clienti.

Un ambiente carino, nulla da dire. La tappezzeria era nuova, il pavimento era tirato a lucido e si vedeva perfettamente che quel posto puzzava ancora di pulito. Ancora nessuno si era preso la briga di vomitare nei suoi angoli remoti, regalando al locale quel bell'odore di stantio e acidume tipico del vomito.

Senza dire nulla il pasura seguì gli amici che andarono dritti al bancone. Duba ordinò tre birre; solo tre perché Damian non beveva mai e se lo faceva prendeva dell'insulsa acqua liscia, nemmeno frizzante, perché a quanto pare aveva lo stomaco delicato.

Non appena il barista appoggiò le tre bottiglie, Amos afferrò la propria tracannandone il contenuto. Quella sera si sarebbe sfondato, se lo sentiva.

Voleva bere così tanto da costringere i suoi a trascinarlo a casa privo di sensi.

Beh, era un ottimo programma per la serata.

La musica che il dj passava nelle casse era qualcosa di osceno. Ai ragazzi piaceva il rock duro, non certo quello schifo di roba elettronica. Duba storse il naso quando l'ennesima canzone si sostituì alla precedente. «Sì, okay... bel posticino, ma la musica è una merda.»

Logan annuì, guardandosi attorno e intercettando alcune femmine in gruppo. «Sai, credo che sia un posto per fighetti.»

«Strano che ti abbiano fatto entrare allora.» lo rimbeccò la tigre.

Quella sera Amos non era di molte parole. Non lo era mai a dire il vero ma quella sera in particolare sembrava chiuso in un mondo tutto suo. Si guardava attorno curioso, beveva a grossi sorsi la propria birra ma non partecipava attivamente alla discussione.

«Sei proprio un gran figlio di buona donna D.» lo apostrofò Logan, allungandosi verso il mannaro per assestargli una pacca. I due risero.

Nel frattempo Damian scambiava messaggi concitati con Vaianna, cose da far cariare i denti. Quando le stava lontano, ne sentiva la mancanza e quando le era vicino, i due sembravano perdersi l'uno negli occhi dell'altra. Era un rapporto bellissimo il loro; un rapporto che Amos segretamente aveva sperato di instaurare con Marlene. E invece quest'ultima si era data alla fuga e con ogni probabilità non sarebbe mai riuscito a recuperare il rapporto.

Ripensare a lei gli fece stringere lo stomaco come se fosse a digiuno da settimane, serrò la presa sulla bottiglia di birra e bevve una grossa sorsata.

«E quindi? Che ne pensi di questo posto?» domandò Duba, dandogli una gomitata.

Amos fece spallucce. «Fa schifo.»

«Assolutamente schifo.» concordò l'amico, ridendo.

«A me non dispiace.» s'intromise Logan.

«Tu non capisci un cazzo, quindi era naturale che ti piacesse.» lo azzittì Duba.

I due si scambiarono qualche dispetto e un paio di cazzotti; quel genere di cazzotti che tra loro si trasformavano quasi in carezze ma che se per sbaglio beccavano un umano... lo lasciavano steso in terra.

A volte i mannari non si rendevano conto dell'estrema forza che avevano.

«Ma qui non c'è nemmeno un privè?» domandò Amos, continuando a scandagliare il locale con estrema attenzione. Non aveva visto nessuna zona appartata e più intima dove rifugiarsi. Un locale senza privè era come una festa senza birra.

ARTIGLI - BACIO RUBATOWhere stories live. Discover now