CAPITOLO 42

15.1K 824 633
                                    

Era stata la notte più bollente che Marlene avesse mai vissuto in tutta la sua vita. Una notte piena di gemiti di piacere ma anche di bisbigli carichi di parole d'amore. Non si erano detti il fatidico ti amo, ma quelle tante e piccole confessioni che si erano fatti valevano per la giovane molto di più di quelle magiche paroline che tutti attendono.

E soprattutto, l'amore da cui si erano lasciati travolgere per l'intera notte, aveva messo in chiaro moltissimi dubbi che entrambi si trascinavano dietro dall'inizio della loro conoscenza reciproca, dissipandoli e colmandoli con delle risposte fatte di gesti e non parole.

Quando il giorno seguente Marlene si era svegliata nel caldo abbraccio di Amos, era rimasta per svariati minuti accoccolata contro il suo petto ad osservarlo. Non le sembrava ancora vero di ritrovarsi nel letto vicino all'uomo che le aveva fatto scalpitar il cuore dal primo loro incontro. Eppure vederlo lì, ad un palmo da lei, rendeva tutto più reale.

Da addormentato, sembrava un angelo. Seppur la stazza, i modi e a volte lo sguardo feroce lo contraddistinguevano per il suo carattere burbero e sgarbato. Marlene aveva imparato col tempo ad apprezzare tutte le sue sfaccettature e aveva capito che dietro le grandi corazze di cui si era forgiato, in realtà c'era solo una gran dolcezza ma soprattutto insicurezza di fondo.

I capelli del pasura erano arruffati e spettinati, ribelli come loro solito. Si allargavano sui cuscini come una macchia d'inchiostro. Con tocco leggero, la fata allungò la mano e gliela passò in mezzo alle ciocche morbide e ondulate. Amos si lasciò sfuggire un sospiro e continuando a dormire si spostò liberandola dalla presa.

Il viso rilassato lo rendeva più giovane dei suoi anni, anche se l'accenno di barba incolta gli dava un ché di selvaggio. Più Marlene lo guardava, più il cuore le batteva frenetico in petto. Era così bello che a pensarci si sentiva inadeguata per lui. Lei alla fine era bella, ma di quelle bellezze particolari, non universali; ne era consapevole. Alle volte, guardandolo, non si sentiva all'altezza.

Amos mugolò passandosi una mano sul petto muscoloso e facendola sparire sotto le lenzuola. La fata sollevò gli occhi al cielo mordendosi il labbro. Il desiderio tornò a bussare con prepotenza alle porte della sua libido. Si portò una mano alla bocca e le sfuggì una risatina divertita, non si sarebbe mai pensata così sfacciata, libertina e sfrenata. Così disinibita, lussuriosa e sensuale.

Lui riusciva a tirarle fuori tutto questo e molto altro ancora.

Si scostò le coperte dalle gambe, era ancora nuda. La prima cosa che fece fu quella di osservarsi il corpo: le ferite erano completamente scomparse. Si passò due dita sulle caviglie, quasi incredula. Il sangue mannaro aveva effetti curativi efficacissimi e soprattutto rapidi. A differenza di quello delle fate però, era contagioso e se assunto dagli umani senza esser trattato, trasmetteva il gene del mannarismo. Il sangue delle fate invece era conosciuto per regalare longevità e curare malattie incurabili che nemmeno il sangue mannaro riusciva a sistemare. Era un elisir di lunga vita se assunto di frequente e infatti, le fate avevano vite secolari che potevano aggirarsi anche intorno al mezzo millennio.

Ecco uno dei molteplici motivi che spingeva i cacciatori a braccarle come animali.

Marlene trasse un sospiro di sollievo, dopo essersi controllata nel dettaglio, si sentiva più serena. La situazione precaria in cui versava la sera precedente l'aveva messa a dura prova, fino all'ultimo istante non era stata sicura di salvarsi e solo quando si era incontrata con Amos nel bosco aveva compreso che ce l'avrebbe fatta. Prima di quel momento, sentiva la propria vita camminare in bilico su un filo proprio come un funambolo senza protezioni. Si alzò dal letto e una fitta all'interno coscia la fece barcollare tanto che fu costretta a sorreggersi al comodino. Un piacevole dolore la incendiò nell'intimo, ricordandole la notte di fuoco appena passata. Tra quelle lenzuola erano successe molte cose piacevoli a cui però il suo corpo non era più abituato. Arrossì imbarazzata e fissò la propria nudità con impaccio, ora che la razionalità aveva ripreso il sopravvento, senza vestiti si sentiva vulnerabile.

ARTIGLI - BACIO RUBATOWhere stories live. Discover now